Abstract
L’articolo esplora l’evoluzione del rapporto tra arte e tecnologia, focalizzandosi sulla transizione contemporanea verso l’intelligenza artificiale generativa. Attraverso un’analisi interdisciplinare che spazia dalla storia dell’arte alla normativa sulla proprietà intellettuale, il contributo esamina come l’integrazione tra intelligenza artigianale e artificiale stia ridefinendo il ruolo dell’artista e i confini stessi della creatività. Particolare attenzione viene dedicata alle sfide legali ed etiche emergenti, con un focus sulla tutela dei diritti d’autore e sulla regolamentazione degli NFT. L’articolo evidenzia come la sinergia tra competenza umana e potenzialità algoritmiche possa rappresentare una risposta alle sfide della digital compliance nel settore artistico.
Introduzione
L’intersezione tra arte e tecnologia ha radici antiche: dall’uso dei pigmenti nell’arte rupestre (circa 40.000 a.C.) alla rivoluzione della stampa con Gutenberg (1455), che democratizzò l’accesso alla conoscenza. L’invenzione della fotografia nel 1826 da Nicéphore Niépce stravolse il concetto di rappresentazione, spostando la percezione artistica verso la riproduzione della realtà. Oggi, l’arte algoritmica, nata negli anni ‘60 con pionieri come Vera Molnár[1], rappresenta un nuovo capitolo, dove l’algoritmo diventa strumento creativo.
Nel 1965 Georg Nees realizzò la prima mostra di computer art a Stoccarda. Nel 1968, la storica esposizione “Cybernetic Serendipity” all’ICA di Londra segnò il riconoscimento istituzionale di questo nuovo linguaggio.
L’IA oggi si inserisce in questa traiettoria storica offrendo strumenti capaci di generare immagini da input testuali (si pensi a DALL-E, Midjourney, Stable Diffusion), che potenzialmente amplificano le possibilità creative.
Uno dei maggiori “però” di questa evoluzione artistico/tecnologica è la standardizzazione estetica, enfatizzata da pattner ricorrenti nelle opere generate.
Da una parte, la tecnologia automatizza certi aspetti; dall’altra offre nuove opportunità, permettendo agli artisti di esplorare rapidamente idee e varianti visive.
Il dibattito attuale oscilla tra due posizioni: chi vede l’IA come strumento di democratizzazione artistica e chi teme l’omologazione creativa. La sfida è integrare queste tecnologie preservando l’unicità dell’espressione artistica umana
Una rivoluzione artistica contemporanea
L’arte algoritmica rappresenta un punto di convergenza rivoluzionario tra la creatività umana e le capacità computazionali avanzate. Questa forma d’arte emergente si basa su tecnologie sofisticate come le reti neurali artificiali e le GAN (Generative Adversarial Networks), sistemi che permettono di generare immagini originali attraverso l’analisi di vasti database di opere esistenti, sugli NFT e sulla blockchain.
Un esempio emblematico è DeepDream[2] di Google, rilasciato nel 2015, che ha rivelato come le reti neurali “vedono” e interpretano le immagini, creando opere oniriche e surreali che hanno affascinato sia il pubblico che la critica.
Il caso più eclatante rimane il “Ritratto di Edmond de Belamy” (2018), creato dal collettivo francese Obvious utilizzando una GAN, venduto da Christie’s per 432.500 dollari, e che ha segnato un momento storico nel mercato dell’arte e sollevato interrogativi sulla natura stessa della creatività artistica e sul concetto di autorialità.
La tecnologia GAN ha dimostrato una capacità sorprendente di apprendere e replicare stili artistici specifici, come evidenziato dal progetto “The Next Rembrandt” (2016), dove l’IA ha creato un nuovo dipinto analizzando l’intera opera del maestro olandese: è giusto o meno che l’intelligenza artificiale sia utilizzata per preservare e proseguire il patrimonio artistico dei grandi maestri?
Parallelamente, l’arte generativa e interattiva sta emergendo come una forma d’espressione che evolve dinamicamente e risponde a dati in tempo reale. Artisti come Refik Anadol utilizzano dati ambientali, biometrici o provenienti dai social media per creare installazioni che mutano continuamente, offrendo nuove esperienze multisensoriali. Questo coinvolgimento attivo del pubblico trasforma lo spettatore in parte integrante dell’opera, rendendo l’arte un’esperienza partecipativa e immersiva.
Blockchain e NFT hanno introdotto nuove forme di autenticazione e commercializzazione nell’arte digitale: valga come esempio “Everydays: the first 5.000 days” di Beeple.
L’integrazione di sensori ambientali e dispositivi IoT nelle installazioni artistiche ha portato a creazioni che rispondono a variabili come temperatura, umidità, movimento e persino emozioni umane. Queste opere sfidano la tradizionale concezione dell’arte come oggetto statico, trasformandola in un’esperienza dinamica e partecipativa.
L’accessibilità diffusa a strumenti creativi, come le piattaforme di IA di elaborazione di immagini da input testuali, ha reso l’arte algoritmica accessibile a un pubblico più ampio, sfumando i confini tra artista e fruitore. Questo fenomeno ha generato un dibattito sulla natura dell’autorialità e sul futuro della creatività umana nell’era digitale. Le opere generate dall’IA sfidano le convenzioni tradizionali dell’arte, introducendo nuove questioni sulla proprietà intellettuale e sul valore artistico. Le collaborazioni tra artisti umani e IA stanno emergendo come un nuovo paradigma creativo, dove la tecnologia funge da partner piuttosto che da semplice strumento. I musei e le gallerie stanno adattando i loro spazi per accogliere queste nuove forme d’arte, con istituzioni come il ZKM di Karlsruhe e il Serpentine Galleries di Londra che dedicano intere sezioni all’arte algoritmica e alle sue intersezioni con la cultura contemporanea. Questa evoluzione sta ridefinendo non solo il modo in cui l’arte viene creata, ma anche come viene esposta, conservata e fruita dal pubblico.
La metamorfosi dell’artista
Il processo creativo sta subendo una profonda ridefinizione.
L’IA non si configura più come semplice strumento, ma emerge come collaboratore attivo nel processo artistico, aprendo scenari prima inimmaginabili. Artisti pionieri come Mario Klingemann (Beeple) e Refik Anadol hanno dimostrato come la sinergia uomo-macchina possa generare opere di straordinaria complessità. Attraverso l’uso sapiente di prompt e parametri, gli artisti oggi “dirigono” gli algoritmi come un direttore d’orchestra guida i suoi musicisti.
La collaborazione uomo-macchina si manifesta anche attraverso sistemi più sofisticati, che permettono agli artisti di esplorare dimensioni creative precedentemente inaccessibili. Il collettivo Obvious, con la sua serie “La Famille de Belamy“, ha dimostrato come questa collaborazione possa produrre opere che dialogano con la tradizione artistica pur mantenendo una loro unicità contemporanea. Gli artisti stanno inoltre sviluppando approcci personalizzati all’IA, modificando e adattando gli algoritmi per esprimere visioni artistiche uniche, come gli artisti che combinano tecniche tradizionali di disegno con elaborazioni algoritmiche.
Questo approccio richiede non solo una comprensione delle tecniche digitali, ma anche una sensibilità nell’interpretare i risultati prodotti dall’IA, instaurando un dialogo creativo tra l’intuizione umana e la generazione algoritmica.
Dicotomia o nuova sinergia?
Il dibattito sulla natura della creatività nell’era dell’IA solleva questioni fondamentali sulla differenza tra l’approccio umano e quello algoritmico all’arte. Mentre la creatività umana si nutre di intuizione, esperienza personale e capacità di stabilire connessioni inaspettate, l’IA opera attraverso l’analisi di pattern e l’ottimizzazione di parametri matematici.
I sistemi di machine learning possono interpretare e categorizzare il mondo visivo. La creatività algoritmica, basata su vasti dataset e modelli probabilistici, può generare risultati sorprendenti ma manca della profondità emotiva e della consapevolezza contestuale tipica dell’arte umana. Mentre il processo creativo umano è caratterizzato da esplorazione, ambiguità e scoperta, l’IA opera attraverso ottimizzazione e calcolo, seguendo regole predefinite.
Piuttosto che considerare questo sviluppo come tomba della creatività, un approccio ottimistico potrebbe interpretarlo come una metafora della nostra relazione con i sistemi automatizzati, enfatizzando l’importanza del giudizio umano nell’interpretazione dei dati.
Il ruolo dell’artista può evolvere da creatore solitario a orchestratore di sistemi complessi, dove la tecnologia amplifica e trasforma le possibilità espressive. La personalizzazione degli algoritmi è diventata una nuova forma di espressione artistica. Il futuro dell’artista nell’era dell’IA si prospetta come un equilibrio dinamico tra padronanza tecnologica e sensibilità umana. La tendenza emergente vede gli artisti sviluppare sistemi IA personalizzati che riflettono la loro visione artistica unica, come nel caso di Anna Ridler, che crea i propri dataset per addestrare algoritmi che generano opere basate sulla sua estetica personale. Questo approccio “su misura” all’IA sta emergendo come una nuova forma di artigianato digitale, dove la tecnologia viene modellata secondo visioni artistiche individuali.
Le istituzioni artistiche stanno rispondendo a questa evoluzione.
L’artista del futuro sarà probabilmente un ibrido tra programmatore, designer di sistemi e visionario creativo, capace di orchestrare collaborazioni significative tra intelligenza artigianale e intelligenza artificiale.
L’Arte Algoritmica e il dilemma della proprietà intellettuale
L’arte generata dall’IA presenta una complessità senza precedenti, sollevando questioni fondamentali sui diritti d’autore e la proprietà intellettuale.
A fronte delle numerose questioni sorte nel recente passato la tendenza, quantomeno dei giudici statunitensi, è quella di negare la protezione da copyright alle opere generate esclusivamente dall’IA, evidenziando la necessità di un “intervento umano sostanziale” nel processo creativo.
Questo crea un precedente significativo che influenza il modo in cui vengono valutate le rivendicazioni di copyright per l’arte IA. Il quadro si complica ulteriormente se si pensa che l’IA raccoglie informazioni mediante scraping e che spesso tali informazioni, utilizzate per addestrare i sistemi di machine learning, sono a loro volta coperte da diritto d’autore o altri diritti connessi. L’opera che ne deriva, anche a prescindere da un sostanziale intervento umano, potrebbe violare i diritti d’autore altrui.
Emblematico è il caso “Getty Images vs. Stability AI”. La Direttiva UE 2019/790, la cosiddetta direttiva copyright, ha introdotto la possibilità per i titolari dei diritti di effettuare un opt-out, al fine di escludere che le proprie opere vengano sottoposte a processi di machine learning[3].
Sebbene la sua applicazione possa apparire di difficile attuazione, è una norma di cui molti editori si avvalgono e, recentemente, la casa editrice Penguin ha proibito all’IA di leggere i suoi libri.
L’AI Act ha iniziato a delineare un quadro normativo per regolare l’uso dell’IA nella creazione artistica, richiedendo trasparenza sull’origine delle opere generate artificialmente, ma si concentra principalmente sulla protezione del diritto d’autore, in particolare in relazione all’addestramento dei modelli di IA con opere protette, senza affrontare specificatamente l’uso dell’IA nella produzione artistica, tralasciando, dunque, i diritti degli artisti digitali.
NFT: tra vuoti normativi e tentativi di regolamentazione
Le questioni di proprietà intellettuale si estendono anche al mercato degli NFT, dove la mancanza di un quadro normativo uniforme ha creato vulnerabilità significative.
Sono state intentate diverse cause al fine del riconoscono la violazione di diritti di privativa anche in ambiente digitale[4]. La piattaforma OpenSea ha implementato un sistema di verifica dell’autenticità per combattere la contraffazione di NFT, ma rimangono sfide importanti nella protezione dei diritti degli artisti.
La volatilità del mercato degli NFT ha evidenziato la necessità di una regolamentazione più stringente per proteggere investitori e artisti. L’organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (WIPO) ha organizzato una competizione di simulazione processuale incentrata sugli NFT anche al fine di sviluppare standard internazionali per la protezione della proprietà intellettuale nell’arte digitale.
Il Considerando 10 del MiCAR (Market in Crypto-Asset Regulation, Regolamento UE 2023/114) sembra escludere espressamente l’arte digitale e gli oggetti da collezione dal proprio ambito di applicazione, ma l’uso del condizionale e l’apertura verso “frazioni” di cripto-attività uniche e non fungibili all’interno dello stesso regolamento sembrano lasciare ancora uno spazio di applicazione[5].
Senza un quadro normativo chiaro, il mercato degli NFT rischia di rimanere in una zona grigia, dove la protezione dei diritti degli artisti è incerta e la speculazione prevale sulla sostanza artistica.
Verso un nuovo Renaissance digitale
Nel panorama artistico contemporaneo, l’arte generativa si sta affermando accanto a forme espressive più tradizionali. A differenza della videoarte o della performance art, che hanno mantenuto una certa distanza dalla tecnologia digitale, l’arte AI si integra naturalmente con altre forme artistiche contemporanee, dalla sound art alle installazioni interattive. Questa integrazione suggerisce che non siamo di fronte a una rottura con la tradizione, ma a un’evoluzione naturale del linguaggio artistico che riflette il nostro tempo.
La distinzione tra approccio umano e algoritmico solleva inevitabili interrogativi sulla natura dell’originalità artistica. Se l’IA opera attraverso la ricombinazione di elementi esistenti, non sta forse replicando – seppur in modo più sistematico – il processo creativo umano di assimilazione e reinterpretazione delle influenze culturali?
Emerge un paradosso: mentre l’IA promette di ampliare le possibilità creative, potrebbe contemporaneamente contribuire a una standardizzazione dell’estetica, privilegiando patterns visivi statisticamente dominanti nei dati di training.
Inoltre, l’accessibilità diffusa a sistemi di GenAI apre potenzialmente le porte dell’arte a un pubblico vasto, ma permane è il rischio di una nuova forma di elitismo digitale, dove solo coloro che possiedono risorse o competenze avanzate possono produrre opere di alta qualità.
Le istituzioni educative giocano un ruolo cruciale nell’evoluzione artistica contemporanea e molte di esse stanno integrando l’arte algoritmica nei curricula tradizionali. Le Accademie di Belle Arti iniziano ad affiancare corsi di programmazione e machine learning a quelli di storia dell’arte e tecniche pittoriche, preparando una nuova generazione di artisti che abbiano la consapevolezza che la matematica e gli algoritmi non sono solo strumenti tecnici, ma veri e propri mezzi espressivi.
A conferma della rapidità con cui l’arte algoritmica sta ridefinendo il panorama artistico, si segnala un evento significativo verificatosi nelle more della pubblicazione del presente contributo. ‘AI God’, un’opera creata da Ai-Da, robot artista dotato di intelligenza artificiale, è stata recentemente venduta all’asta da Sotheby’s per oltre 1 milione di dollari. Questo episodio rappresenta un traguardo per l’arte generata dall’IA, ma stimola ulteriori riflessioni su come le tecnologie emergenti possano non solo ampliare gli orizzonti creativi, ma anche sollevare interrogativi inediti sulla natura dell’autorialità e sui valori fondanti dell’espressione artistica nell’era digitale.
La sfida per il futuro è trovare un equilibrio tra innovazione tecnologica e preservazione dei valori fondamentali dell’arte: espressione autentica, riflessione critica sulla società e capacità di suscitare emozioni profonde verso un vero e proprio artigianato digitale.
NOTE
[1] Pioniera dell’arte generativa e della computer-art, Vera Molnar, morta a Parigi il 7 dicembre scorso avrebbe compiuto 100 anni nemmeno un mese dopo (il 5 gennaio 2024).
[2] https://github.com/google/deepdream
Inizialmente il nome del SW era Inception, dall’omonimo film del 2010
[3] Art. 4 Direttiva (UE) 2019/790.
[4] Tra le più rilevanti segnalo il caso Hermès vs MetaBirkins, attualmente in attesa della decisione di appello.
[5] “Il presente regolamento non dovrebbe applicarsi alle cripto-attività che sono uniche e non fungibili con altre cripto-attività, compresa l’arte digitale e gli oggetti da collezione”.
PAROLE CHIAVE: AI / algoritmi / arte / artigianato digitale / blockchain / copyright / digital art / digital divide / diritto d’autore / genAI / intelligenza artigianale / mercato dell'arte / MiCAR / NFT
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