Abstract
Il valore giuridico di linee guida (LG), raccomandazioni e buone pratiche cliniche dipende dalla validità metodologica delle evidenze su cui si fondano, dalla loro applicabilità al singolo caso e dalla correttezza del processo di estrazione delle raccomandazioni. Le LG derivano spesso da modelli epidemiologico-statistici, inadatti a casi individuali, e presentano limiti strutturali noti (bias di selezione, scarsa trasferibilità, NNT elevati). Il medico ha l’obbligo di giudizio clinico individuale e può, anzi deve, discostarsi dalle LG se non adeguate al caso, come stabilito anche dalla Corte di Cassazione. L’attuale quadro normativo, pur depenalizzante, rischia di incentivare la medicina difensiva, vincolando eccessivamente il professionista. La medicina di precisione e la telemedicina impongono una revisione metodologica radicale. L’Autore propone uno schema logico per valutare quando applicare o meno le linee guida e sostiene l’utilità della coproduzione nel definire l’impianto disciplinare del futuro.
Il metodo
La forza giuridica di tutte le regole, indirizzi, raccomandazioni, linee guida e buone pratiche cliniche, al di là di quanto poi definito nelle leggi o recepito da regolamenti attuativi e altre disposizioni, discende dal (e si regge sul) concetto secondo cui la applicazione di modelli di analisi e integrazione (inclusi i metodi meta-analitici e le revisioni sistematiche) di dati sperimentali nel campo della sanità, può fornire maggiori elementi di sicurezza nella applicazione di certi trattamenti o procedure, in specifici contesti patologici. NB: si intenda elementi di sicurezza (qualche volta di certezza) in merito alla efficacia di una procedura, alla sua tollerabilità, e in definitiva alla sua utilità, misurata con indicatori di vario tipo.
Senza questa convinzione non avrebbe senso proporre linee di comportamento comuni e regolamentate nel settore della sanità.
La forza di questo modo di agire e di valutare dipende quindi da:
- Quanta è la sicurezza/certezza della bontà (efficacia tollerabilità ecc.) delle procedure suggerite ove applicate a un numero molto alto di persone (evidentemente nell’interesse della comunità);
- Quanta è la sicurezza/certezza della bontà (efficacia tollerabilità ecc.) delle procedure suggerite ove applicate a un singolo individuo o a un gruppo di individui peculiari;
- Quali sono le possibili cause di errore nella definizione delle procedure a partire da dati sperimentali in sé per sé validi;
- Quali sono le possibili cause di errore nell’applicazione delle procedure al singolo individuo o gruppo;
- Quali sono gli indicatori che si usano per verificare la bontà di queste indicazioni nel momento in cui le si propongono (in fase sperimentale) ET nel momento in cui le si applicano alla comunità o all’individuo;
- Detti indicatori sono fedeli e forniscono risultati univoci?
Vi sono ulteriori domande di questo tipo (ci siano limitati alle prime e più evidenti) e sono tutte esplicitamente o implicitamente considerate dalle varie Leggi. Ad esempio, con riferimento alla Gelli-Bianco, quando si scrive “Gli esercenti le professioni sanitarie, nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi…. omissis…” si avvalora, per quanto timidamente, la differenza, in realtà radicale, tra le valutazioni su a) et sub b) poco sopra citate.
Sempre dal punto di vista del metodo si dovranno considerare altri elementi tecnici che modificano il peso o l’applicabilità di singole raccomandazioni, anche se emanate da un ente pubblico. L’emanazione serve a garantire al cittadino e al professionista che il processo di selezione dei documenti scientifici sulla cui base si fonda la raccomandazione è stato correttamente espletato, ma il recepimento nella legge non ne sposta il valore scientifico, cosi come anche una metanalisi e una revisione sistematica servono a fornire visioni di sintesi (e la metanalisi a verificare l’omogeneità e la dimensione numerica dell’effect size) ma nulla aggiungono al valore reale dell’assunto sperimentale, che dipende solo dal corretto disegno, esecuzione e interpretazione del singolo esperimento. Tra gli elementi tecnici da considerare, a titolo d’esempio, citiamo la sede geografica, l’etnia e i criteri di campionamento delle popolazioni da cui vengono derivate le Linee guida, più spesso (sempre? quasi sempre?) non trasferibili tout court ai pazienti che entrano nei nostri ambulatori. Anche questi sono aspetti in parte discussi e che comunque possono essere sottomessi a valutazione critica, ma c’è di più…
Metodo e rivoluzioni
Vi è infatti un convitato di pietra seduto al nostro tavolo. È ancora silenzioso ma presto inizierà a parlare.
È che gli studi ad impronta epidemiologico-statistica, da cui usualmente si derivano le linee guida, non sono in grado di fornire indicazioni applicabili alla maggioranza dei casi clinici reali. In mille modi gli estensori di linee guida cercano di ovviare a queste limitazioni e inseriscono criteri diversi per rafforzare il nesso irrinunciabile tra le “prove sperimentali” e la desunta raccomandazione. Una disamina molto attenta di questi aspetti venne proposta in letteratura una ventina di anni orsono (Aterotrombosi e malattia coronarica di Valentin Fuster, Eric J. Topol ed Elizabeth G. Nabel, 2004) con l’identificazione di una ventina di criteri maggiori da rispettare per poter “credere” nella cosa da fare. Ma i requisiti metodologici non sono usualmente rispettati, neppure quando vi sono raccomandazioni di classe A1-I. Il convitato di pietra è stato volutamente ignorato in particolare da alcune le scuole di pensiero anglofone, propense a dettare regole per tutti “a prescindere”. Comandare è meglio…diceva un saggio politico italiano.
Vi è anche una rivoluzione scientifica già iniziata e per ora ignorata, che pure entro beve parlerà e se la intenderà con l’amico di pietra.
È l’idea della medicina di precisione e personalizzata, che va in controcorrente totale rispetto alla mediazione compromissoria delle linee guida, che non ha ancora modelli applicativi sufficientemente forti e convalidati, ma che porterà in pochi anni a risultati rivoluzionari e a un cambio di paradigma, grazie alla rivoluzione della telemedicina e alle tecnologie per la raccolta ed elaborazione dei dati necessari a sondare la complessità individuale.
Implicazioni giuridiche e prospettivo future
Dunque, la disciplina giuridica dovrà considerare più fattori contemporaneamente, secondo la seguente matrice o, meglio, pittogramma che tenta di dare una visione della complessità di uso delle LG nel mondo reale, al di là della immaginazione di chi vorrebbe semplificare tutto. Lo schema è incompleto, esemplificativo e le percentuali indicate del tutto orientative: abbiamo riportato solo alcune domande che, nel reale, il medico si pone o dovrebbe porsi per decidere razionalmente se e quando seguire una linea guida.
Il colore grigio indica incertezza o impossibilità di valutare, il verde un uso possibile e utile e il rosso il contrario. La penultima riga vuole aprire la porta a un possibile futuro incrocio tra linee guida attuali, sebbene in rosso, e medicina di precisione e personalizzata del futuro. Prego il lettore, pazientemente, di considerare che per arrivare a questa figura esemplificativa ho costruito una matrice che conteneva svariate decine di colonne in più e oltre cento righe…… perché la realtà è complessa. Lo schema ha un solo scopo: far capire come la disciplina giuridica dovrebbe prevedere che i casi reali sono (pur ridotti all’essenziale) sono tanti e molto diversi.
Non facendolo, necessariamente porterà a “ingiustizie” (un paradosso!) e/o potenzierà atteggiamenti difensivistici, già presenti e in realtà incoraggiati dalla legge Gelli Bianco, nonostante qualche tentativo di mitigazione sui regolamenti attuativi che, auspichiamo, sarà ripreso e chiarito nelle attuali proposte di modifica in discussione nella Commissioni.
Risultano infatti allo studio ipotesi di escludere la responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria nei casi di imperizia, subordinato al rispetto delle linee guida o, in mancanza di queste, delle buone pratiche clinico-assistenziali.
Questo tentativo, pur utile, condizionerà sì la rinuncia alla medicina difensiva… ma subordinandolo ancora di più alla adesione alle linee guida o alle RBPCA, e quindi i Medici continueranno ad adottare comportamenti eccessivamente cautelativi senza mai derogare dalle linee guida/RPBCA per non esporsi a contenziosi legali.
Questa logica è anche contraria allo spirito di alcune sentenze della Suprema Corte di Cassazione che ha precisato che le LG non vanno utilizzate come uno scudo. Più utile la proposta, che pure risulta in discussione, relativa a fornire una definizione di “colpa grave”, precisa e definitiva, per evitare interpretazioni soggettive e garantire una maggiore tutela per i pazienti e per i professionisti sanitari.
Leggiamo però che l’orientamento attuale è che la colpa è grave quando l’intera condotta professionale è “grave e non giustificabile”, e, paradossalmente, la gravità aumenta quando non si applicano le buone pratiche, le linee guida o altri protocolli.
Ma il medico più spesso non deve applicare le linee guida/RPBCA al singolo malato, anzi è sempre tenuto a esprimere un giudizio clinico individuale e ad attenersi a quello. In altri termini deve sempre valutare se l’applicazione delle linee guida sia adeguata al caso concreto e, in caso contrario, ha il dovere di discostarsene per garantire la migliore cura possibile.
Il discostarsi dalle LG, dunque, è “giustificato” ed è un dovere per il medico, non una colpa. Semmai la legge dovrebbe, più propriamente, identificare come gravissimi i casi in cui, agendo in disprezzo della scienza, della cultura e degli insegnamenti (accademici ed empirici) il medico o il sedicente tale inventano lì per lì cure miracolose e usualmente costose. È lì che va posto il discrimine, non tra i vari professionisti che applicano la medicina con correttezza e senza doppi fini lungo tutta la loro carriera professionale.
In merito a questi ultimi osserviamo che le eventuali mancanze ed errori nella condotta, causate da imperizia imprudenza negligenza e …. “crassa ignoranza”, costituiscono per sé elementi oggettivi di responsabilità, ma non debbano essere riferite preferenzialmente – o limitate – alle Linee Guida. Le LG, infatti, devono essere conosciute esattamente come tutti gli altri elementi ontologici della medicina e derivati dalla attenta osservazione del malato. Sono dunque gli stessi che consentono al medico di decidere diversamente dalle LG come suggerito dalla Suprema Corte e come timidamente evidenziato dalla stessa Legge Gelli Bianco nella sua attuale formulazione.
Dunque, il Medico sia Medico al 100% e come tale decida, se mai aiutato da quegli “atti di affidamento” (consenso all’affidamento) proposti in passato da alcuni magistrati e che sarebbero fondamentali per potenziare il ruolo del Medico nella società.
Per altro, alcune delle questioni evidenziate, su cui tanto si è discusso, risultano in realtà di lana caprina se finalmente si considera: a) la sostanziale debolezza degli assunti scientifici di partenza, bene evidenziata nella tabellina di cui sopra, et b) la constatazione che solo una parte (30% circa) delle decisioni che un medico deve assumere potrebbe basarsi su linee guida codificate, mentre la maggioranza delle decisioni diagnostiche e terapeutiche (il 50% o più) si fonderà su considerazioni di carattere clinico/fisiopatologico in continuo divenire e un restante 10-20% sul cd intuito e sul senso clinico, variamente definiti in letteratura.
Di quel 30% in cui avrebbero senso le linee guida una parte rilevantissima è relativa alla medicina preventiva, ma (che tonfo che fa l’asino cadendo!) queste LG sono valide in quanto mirate a provvedimenti preventivi di sanità pubblica (ad es. abbassare la pressione arteriosa negli ipertesi, far smettere di fumare, ecc.) chi si applicano ai “tutti” e che perdono valore se applicate all’individuo, che infatti, quando dovrà avere, ad esempio, un infarto, lo avrà lo stesso.
La cosa diviene chiara se si approfondisce il concetto di NNT (number needed to treat, ovvero numero necessario da trattare: esprime quanti pazienti devono essere trattati per evitare un evento avverso o ottenere un beneficio in un determinato intervallo di tempo): gli NNT spesso hanno valori molto alti pari a 30, 50, 100, 200 e più… Ovvero per salvarne uno, altri cento, pur curati secondo le linee guida, avranno ugualmente l’evento. Questi 99 dovrebbero interessare molto la giurisprudenza in quanto hanno gli stessi diritti dell’uno salvato, che di solito resta anonimo (non è identificabile e tutte le volte si spera o presume di averlo salvato) mentre i 99 insuccessi hanno tutti un nome e cognome. Deve essere noto in medicina che esistono pochissimi casi di NNT inferiori a 10, ad esempio quello della defibrillazione in emergenza, che è di 2 (uno salvato e uno perso) ma che sale vertiginosamente se la distanza o l’accesso al defibrillatore non sono ottimali.
Studi specifici dimostrano che solo in alcuni casi le decisioni guidate dalle linee guida e dalle evidenze superano quelle di altro tipo (di solito in situazioni standard o di routine) mentre l’intuito clinico e la base clinico fisiopatologica sono nettamente più efficienti nei casi complessi (che sono la maggioranza).
Non ultimo l’autorevolissimo parere di Sackett, che, da padre putativo della Evidence Based Medicine, scriveva che il modello più raccomandato di comportamento è quello integrato che lascia al medico la valutazione basata su evidenza da LG, giudizio clinico esperto e preferenze del paziente (Sackett DL et al., Evidence Based Medicine: What it is and what it isn’t, BMJ 1996).
Sia il lettore molto paziente: abbiamo derogato un poco dalla scansione logica degli argomenti e ne abbiamo saltato più d’uno, non tanto per ragioni di spazio, quanto per la volontà di avvalorare un messaggio di fondo: il costrutto giuridico attuale basato sulle linee guida è un piccolo gigante dai piedi d’argilla. La base scientifica non consente adozione di disposizioni regolatorie così drastiche, per quanto capiamo che queste possano fare comodo alle singole amministrazioni, nell’ottica della imperante burocrazia regolatoria che ci deve ancora dimostrare la propria utilità, a tutt’oggi solo presunta. La soluzione che si intravede attualmente (potenziare gli aspetti assicurativi e risarcitori e depenalizzare al massimo) ha qualche suo elemento di validità, ma non è sufficiente per affrontare le sfide future (cfr. 2.0).
Per fortuna al nostro tavolo sono sedute anche le Signorine Giurisprudenza e Dottrina, che con noi condividono il pane e il vino. Ebbene esse devono rivolgere domande stringenti al convitato di pietra come pure agli altri convitati giovanissimi e rivoluzionari che ogni tanto si avvicinano per un assaggio e che fra pochi mesi siederanno stabilmente al banchetto (cfr. 2.0).
Tra questi giovani c’è la telemedicina, già assisa, e che offre l’opportunità di rivedere tutte le linee guida esistenti nel momento di cui si debba affrontare l’aggiornamento tecnologico. Si offre l’occasione, imperdibile, di dettare le nuove regole metodologiche (che fortemente dipenderanno dai progressi della scienza e delle tecnologie) per unificare la materia e definire procedure e raccomandazioni in una ottica nuova, e quindi utili e validi anche fra 3-5 anni, senza fermarsi allo status quo. In questo modo troveremo assieme soluzioni per facilitare la transizione da una scienza approssimativa che non sostiene più l’attuale corpo di regole orientate alla omologazione amministrativa, verso lo scenario imminente, di una scienza dell’individuo e della collettività definite sulle corrette basi metodologiche, che reclamerà – a furor di popolo – un diverso impianto etico-giuridico.
L’apertura fatta recentemente anche dall’Istituto Superiore di Sanità verso l’inclusione di elementi sapienziali nel corpo metodologico delle Buone Pratiche Cliniche va in questa direzione. Ma servono altri passaggi perché la transizione sarà rapida, un quinquennio probabilmente: conviene prepararsi. Dal brodo primordiale si evolvono le specie che decidono di coabitare la terra e di ragionare assieme. L’evoluzione favorevole non sarà merito delle tecnologie, se non nell’imprimere una accelerazione, ma della nostra sapienza e capacità cooperare.
PAROLE CHIAVE: eHealth / Legge Gelli Bianco / Linee Guida / Responsabilità Medica / telemedicina
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