21 Gennaio 2021

Servono ancora gli archivi di deposito se i documenti sono tutti informatici e se la normativa obbliga (in pochi casi) e (soprattutto) suggerisce l’invio massivo dei documenti nel sistema di conservazione a norma in tempi sempre più vicini alla fase di formazione?

L’interrogativo sembra retorico e la risposta scontata. Tuttavia, se l’attenzione si concentra sugli archivi digitali e non sui singoli documenti informatici, la prospettiva cambia e i problemi da affrontare assumono tutt’altra rilevanza e complessità. La conservazione di archivi digitali e la loro consultazione richiedono, in primo luogo, documentazione, informazioni e attività che si accumulano nel tempo della gestione e non sono collegate al documento al momento della sua creazione ma neppure al fascicolo informatico quando si chiude. In secondo luogo, la presenza duplicata, anzi moltiplicata, della medesima fonte digitale sia in forme dinamiche nell’archivio corrente sia congelata nei sistemi di conservazione costituisce un fattore di criticità per ora irrisolto oltre che irresponsabilmente trascurato. Inoltre, è opportuno rilevare che i prodotti documentari digitali di maggiore diffusione e rilevanza (dai database ai siti web) non possono sopravvivere nel tempo senza una gestione intermedia attiva, basata  su archiviazioni periodiche sicure e persistenti, selezioni e descrizioni che ne garantiscano aggiornamenti, accrescimenti e legittime cancellazioni e soprattutto documentazione continua delle attività di manutenzione, allineamento, riorganizzazione: in sostanza, senza una consapevole, accurata e legittimamente dinamica conservazione archivistica.


MODERA

Laura Flora - Responsabile amministrativo dell’Osservatorio astronomico di Trieste

RELATORI

Mariella Guercio - Docente in archivistica e gestione informatica dei documenti presso la Sapienza Università di Roma

Ilaria Pescini – Vicepresidente ANAI

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