Abstract
Nel contesto attuale, caratterizzato da un’invasione digitale nelle pratiche comunicative delle organizzazioni pubbliche, l’articolo esplora la transizione dall’uso tradizionale della macchina da scrivere ai moderni sistemi di messaggistica istantanea come WhatsApp. Analizzando le implicazioni di questa evoluzione, si evidenzia come le piattaforme digitali, nonostante facilitino l’accesso immediato alle informazioni e promuovano un dialogo aperto tra cittadini e istituzioni, introducano contemporaneamente sfide significative in termini di privacy, sicurezza dei dati e rischio di esclusione digitale. Il testo propone un’analisi critica dell’impatto della digitalizzazione sulla comunicazione burocratica, sollevando questioni etiche e operazionali legate all’uso responsabile delle tecnologie digitali. Attraverso esempi concreti e riferimenti normativi, l’articolo riflette sull’importanza di equilibrare l’innovazione tecnologica con la necessità di proteggere i diritti fondamentali dei cittadini, evidenziando la crescente necessità di strategie inclusive per garantire equità e accessibilità nell’era dell’informazione
Il brigadiere è davanti alla macchina da scrivere. L’interrogato, seduto davanti a lui, risponde alle domande un po’ balbettando, ma attento a dire tutto quel che ha da dire nel modo più preciso e senza una parola di troppo: “Stamattina presto andavo in cantina ad accendere la stufa e ho trovato tutti quei fiaschi di vino dietro la cassa del carbone. Ne ho preso uno per bermelo a cena. Non ne sapevo niente che la bottiglieria di sopra era stata scassinata”. Impassibile, il brigadiere batte veloce sui tasti la sua fedele trascrizione: «Il sottoscritto, essendosi recato nelle prime ore antimeridiane nei locali dello scantinato per eseguire l’avviamento dell’impianto termico, dichiara d’essere casualmente incorso nel rinvenimento di un quantitativo di prodotti vinicoli, situati in posizione retrostante al recipiente adibito al contenimento del combustibile, e di aver effettuato l’asportazione di uno dei detti articoli nell’intento di consumarlo durante il pasto pomeridiano, non essendo a conoscenza dell’avvenuta effrazione dell’esercizio soprastante».
Ogni giorno, soprattutto da cent’anni a questa parte, per un processo ormai automatico, centinaia di migliaia di nostri concittadini traducono mentalmente con la velocità di macchine elettroniche la lingua italiana in un’antilingua inesistente.
Italo Calvino, in questo brano tratto da un articolo apparso sul Giorno il 3 febbraio 1965, L’antilingua, ci offre uno squarcio illuminante sulla comunicazione burocratica, dimostrando come il linguaggio formale possa trasformare una narrazione semplice e diretta in una forma quasi inaccessibile. Questo passaggio, pur essendo radicato in un contesto storico passato, risulta più che attuale nel contesto delle moderne pratiche comunicative all’interno delle organizzazioni.
Abbiamo attraversato una rivoluzione nell’ambito dei media e della comunicazione, un cambiamento che ha coinvolto l’intera società. Spinta dalla pervasività delle piattaforme digitali, questa trasformazione ha operato a vari livelli, influenzando profondamente ogni aspetto della nostra vita, sia individuale sia sociale. In questo scenario dinamico, le tecnologie digitali e i social media hanno assunto un ruolo cruciale come catalizzatori di cambiamento nella comunicazione delle istituzioni pubbliche.
Tutte le PA sono state chiamate ad ampliare la loro presenza online, adottando piattaforme come i social media e le app di messaggistica istantanea non solo per diffondere informazioni, ma anche per instaurare un dialogo più diretto e significativo con i cittadini, i media e le altre entità istituzionali. Questi strumenti hanno portato tanto ad un’integrazione, quanto a una rottura sia nei metodi di comunicazione sia nei flussi informativi che raggiungono i vari protagonisti del panorama pubblico e privato.
Questo approccio aperto e interattivo non solo può migliorare la trasparenza e l’accessibilità delle informazioni, ma contribuisce anche a rafforzare la fiducia tra i cittadini e le istituzioni. Tuttavia, è essenziale che questi strumenti vengano utilizzati in modo responsabile e che le amministrazioni siano attrezzate per gestire le sfide legate alla privacy e alla sicurezza dei dati. Inoltre, è cruciale garantire che la digitalizzazione non escluda quelle porzioni della popolazione meno familiari con le tecnologie, assicurando un accesso equo alle informazioni per tutti i cittadini.
Dal passato al presente: evoluzione della comunicazione organizzativa
La transizione dalla “macchina da scrivere a WhatsApp” non è solo un cambiamento di strumenti, ma rappresenta anche una profonda trasformazione nel modo in cui le informazioni vengono elaborate e trasmesse. La macchina da scrivere, con la sua ritmica meccanica e la permanenza fisica del testo, imponeva una riflessione ponderata e una formalità che spesso si traduceva in un linguaggio altamente codificato e spesso irrevocabile.
Con l’avvento delle tecnologie digitali, la comunicazione nelle organizzazioni si è notevolmente velocizzata e semplificata, spostando il pendolo verso l’estrema accessibilità e immediatezza delle chat e delle piattaforme di messaggistica istantanea. Il crescente coinvolgimento dei cittadini nelle interazioni quotidiane con le istituzioni pubbliche attraverso i social media è stato un motore fondamentale per la trasformazione digitale della PA.
L’accesso a strumenti interattivi di collaborazione e dialogo rappresenta una ragione chiave per cui le amministrazioni pubbliche scelgono di integrare i social media, facilitando la comunicazione diretta e migliorando l’engagement con i cittadini.
Questo utilizzo intensificato delle piattaforme di comunicazione moderne, immediate e spesso effimere, presenta un nuovo insieme di sfide e opportunità:
- aumento significativo della velocità di comunicazione interna, che però può anche portare a una minore riflessione sul contenuto dei messaggi inviati;
- il linguaggio tende a essere più informale, il che può essere vantaggioso per la coesione del team ma rischioso in termini di mantenimento della professionalità;
- mentre i documenti scritti erano fisicamente archiviati e talvolta difficili da recuperare, le comunicazioni digitali possono essere facilmente archiviate e ricercate, anche se ciò solleva questioni di privacy e sicurezza dei dati.
- le tecnologie digitali possono migliorare l’accesso alle informazioni per i soggetti disabili, ma richiedono una progettazione inclusiva per essere veramente efficaci
Il CAD come guida per il processo di trasformazione
Il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) è una normativa fondamentale per le organizzazioni pubbliche italiane, che delinea i criteri per l’uso sicuro ed efficace delle tecnologie digitali.
Il CAD mira a rendere l’informazione pubblica accessibile, comprensibile e trasparente, rispettando i diritti dei cittadini. Tra i suoi obiettivi principali, il CAD enfatizza l’accessibilità e l’inclusività dei servizi digitali per tutti, inclusi i disabili, e promuove l’interoperabilità tra diversi sistemi per una migliore condivisione dei dati. La sicurezza dei dati e la privacy sono prioritari, richiedendo misure di sicurezza aggiornate per contrastare le minacce informatiche emergenti. Inoltre, il CAD sostiene la trasparenza e la responsabilità, aumentando l’accesso alle informazioni pubbliche.
Tuttavia, persiste il rischio di aggravare il digital divide, e la digitalizzazione può comportare costi elevati di implementazione e formazione, soprattutto per le amministrazioni locali meno finanziate, il che può compromettere la qualità dei servizi digitali offerti ai cittadini.
In sostanza, il CAD guida la trasformazione digitale delle amministrazioni pubbliche, cercando di equilibrare progresso tecnologico, inclusione, sicurezza e trasparenza, pur affrontando le sfide pratiche e finanziarie di questo processo.
Il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici
Il DPR n. 81 del 13 giugno 2023 ha aggiornato il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (DPR n. 62 del 16 aprile 2013), introducendo nuove regole sull’utilizzo delle tecnologie informatiche, dei mezzi di informazione e dei social media. Tra gli aspetti chiave del Codice troviamo:
- riservatezza: i dipendenti devono evitare la divulgazione impropria di informazioni confidenziali;
- imparzialità: l’uso dei social media non deve compromettere la neutralità dei dipendenti o dell’amministrazione;
- separazione tra uso personale e professionale: gli account istituzionali devono essere utilizzati solo per scopi lavorativi e non devono danneggiare la sicurezza o la reputazione dell’amministrazione.
- reputazione e immagine pubblica: i comportamenti sui social media devono preservare l’immagine istituzionale.
Inoltre, il comma 3 dell’art. 11 ter chiarisce: “al fine di garantirne i necessari profili di riservatezza, le comunicazioni, afferenti direttamente o indirettamente il servizio non si svolgono, di norma, attraverso conversazioni pubbliche mediante l’utilizzo di piattaforme digitali o social media. Sono escluse da tale limitazione le attività o le comunicazioni per le quali l’utilizzo dei social media risponde ad una esigenza di carattere istituzionale.”
Viene, dunque, definito un equilibrio tra l’efficacia della comunicazione digitale e la necessità di mantenere standard etici elevati.
Il crescente coinvolgimento dei cittadini nelle interazioni quotidiane con le istituzioni pubbliche attraverso i social media, ha guidato la trasformazione digitale della PA.
Nonostante la disponibilità di numerosi strumenti e social media più avanzati e conformi alle normative vigenti, Facebook e WhatsApp continuano a emergere come le piattaforme predominanti per la ricerca di informazioni e per facilitare la comunicazione tra i cittadini e gli uffici pubblici.
Le ragioni di questa scelta sono legate principalmente alla maggiore diffusione e, quindi, alla facilità d’uso dei due canali menzionati[1]. Nell’analizzare l’uso di WhatsApp da parte delle Pubbliche Amministrazioni, emergono diverse problematiche legate alle limitazioni imposte dal software e ai principi stabiliti dal Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), in particolare l’articolo 68 “Analisi comparativa delle soluzioni”.
L’uso di WhatsApp presenta diverse sfide per la PA, soprattutto in termini di riuso e adattabilità. La piattaforma non consente il riuso o la modifica del software senza l’approvazione del proprietario, limitando così la flessibilità e l’integrazione con altri sistemi informativi.
Inoltre, la natura proprietaria di WhatsApp impedisce l’accesso al codice sorgente e la modifica del software, contravvenendo al principio di neutralità tecnologica promosso dal CAD che favorisce soluzioni aperte e personalizzabili. Dal punto di vista economico, l’uso di WhatsApp può comportare costi aggiuntivi significativi, specialmente se sono necessarie funzionalità avanzate che richiedono versioni business o servizi a pagamento. Questi costi, insieme alle preoccupazioni legate alla gestione della sicurezza e della privacy dei dati, possono elevare il costo totale di proprietà del software, presentando complicazioni per la tutela degli investimenti e la compatibilità futura con le infrastrutture esistenti.
La tutela dei dati personali
Oltre a questi aspetti, le garanzie del fornitore in materia di sicurezza e protezione dei dati sono altrettanto rilevanti. Anche se WhatsApp offre crittografia end-to-end per la sicurezza dei messaggi, permangono preoccupazioni sulla gestione dei metadati degli utenti e sulla conformità con il GDPR.
Questi dati includono informazioni sull’account, come il numero di telefono e dati di utilizzo, informazioni sul dispositivo e sull’indirizzo IP: come vengono raccolte, archiviate e potenzialmente condivise informazioni che descrivono come, quando e con chi gli utenti comunicano?
Inoltre, la mancanza di un’opzione per disabilitare la condivisione dei dati con Meta solleva preoccupazioni sulla legittimità del consenso prestato dagli utenti e sulla loro reale capacità di controllo sui propri dati personali.
Mentre la crittografia end-to-end impedisce a WhatsApp e a terzi di accedere al contenuto delle comunicazioni (messaggi, chiamate, foto, ecc.), questa protezione non si estende ai metadati che continuano a rappresentare una potenziale vulnerabilità per la privacy degli utenti, fornendo informazioni significative senza necessariamente accedere al contenuto delle comunicazioni.
A proposito di crittografia end to end, è importante evidenziare che in caso di conversazioni di gruppo che coinvolgano più di otto partecipanti — il limite massimo per le chiamate di gruppo su WhatsApp — vengono utilizzate le WhatsApp rooms. Queste non sono integrate direttamente in WhatsApp, ma si basano sulla tecnologia e sull’infrastruttura di Facebook Messenger, che adotta un diverso set di protocolli di sicurezza e privacy e, attualmente, non offre di default la crittografia end-to-end per le chat. Di conseguenza, questa configurazione potrebbe comportare una ulteriore perdita di sicurezza.
Il DMA
Il Digital Markets Act (DMA), entrato in vigore l’8 marzo 2024, mira a regolare le piattaforme digitali di grandi dimensioni per assicurare maggiore equità e trasparenza nel mercato digitale. In seguito a tale Regolamento, Meta ha “promesso” che WhatsApp garantirà una maggiore interoperabilità dei servizi coi competitors e migliorerà la trasparenza delle pratiche di raccolta dei dati.
Altri interventi dovrebbero mirare a limitare pratiche di mercato potenzialmente anticoncorrenziali, anche se è ancora troppo presto per valutarne l’efficacia attuale.
Conclusioni
L’uso di WhatsApp da parte degli enti pubblici solleva questioni giuridiche importanti riguardanti la neutralità tecnologica, il riuso, la tutela degli investimenti, il costo totale di proprietà, l’interoperabilità, la sicurezza, la privacy e l’accessibilità. L’adozione delle piattaforme digitali ha certamente democratizzato l’accesso alle informazioni, rendendo la comunicazione più immediata e diretta.
È fondamentale, quindi, non solo abbracciare l’innovazione tecnologica, ma anche arginare i rischi potenziali che essa comporta. La protezione della privacy, la sicurezza dei dati, e la lotta contro il divario digitale sono aspetti che richiedono un impegno costante e misure normative adeguate, essenziali per assicurare che la digitalizzazione serva effettivamente il bene comune e non escluda nessuna parte della società.
In quest’epoca di cambiamento incessante, la sfida più grande per le istituzioni pubbliche rimane quella di mantenere un equilibrio tra l’adozione delle nuove tecnologie e la salvaguardia dei principi di equità e inclusività. La digitalizzazione non deve essere vista solo come un mezzo per raggiungere l’efficienza, ma anche come un’opportunità per rafforzare il tessuto democratico attraverso una comunicazione più inclusiva e accessibile a tutti.
“Indipendentemente dal settore che osserviamo, la tecnologia cambia e modella la nostra vita”
(Il trionfo della tecnologia, Alec Broers)
NOTE
[1] Il nuovo Codice di comportamento dei dipendenti pubblici è chiaramente influenzato da questa realtà, come si può notare dalla specifica formulazione del comma 3 dell’articolo 11 ter.
PAROLE CHIAVE: CAD / comunicazione pubblica / DMA / gdpr / Pubblica Amministrazione / WhatsApp
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