• Coo – Legal Compliance

    Ernesto Giancotti, classe 1971, giurista d’impresa in Enti pubblici e privati, ha costruito la sua esperienza spaziando dalle attività relative al mondo della privacy, compliance, diritto societario e del lavoro, alla supervisione legale delle attività interne ed esterne dei suoi datori di lavoro.

    Ha inoltre avuto esperienze nella gestione organizzativa di molteplici settori aziendali operativi e maturato esperienze di collaborazione freelance in studi professionali.

    È co-fondatore e membro del CdA di GET, dove supervisiona la parte legale, documentale e di compliance.

Abstract

Una recente decisione della Corte di Cassazione chiarisce che la fiducia dei cittadini nella tecnologia deve essere sempre ragionata e non può, viceversa, essere come una fede irrazionale nelle capacità di un sistema, benché normato e di comune uso. La posta elettronica certificata, nata secondo una disciplina generale e tecnica, è diventata col tempo uno strumento d’uso comune, raggiungendo molti degli obiettivi prefissati. Cerchiamo di cogliere quali elementi delle comunicazioni elettroniche certificate rispondono ancora alle aspettative generali e come implementare e perfezionare questa tecnologia, per renderla ancora più affidabile per l’uso di professionisti ed Enti, privati e pubblici.

Con quasi 16 milioni di caselle PEC attivate e poco meno di due miliardi e mezzo di mail PEC inviate nel 2023[1], la posta elettronica certificata si pone certamente come uno strumento di successo nei processi di e-substitution.

In particolare, l’uso della PEC in sostituzione delle raccomandate cartacee è riscontrabile, oltre che dall’esperienza personale di ciascuno, anche dal costante aumento dei dati relativi a caselle accese, e-mail PEC inviate, nonché dal numero sempre meno importante di raccomandate inviate, come ci dicono i dati dei bilanci di Poste Italiane[2].

Al netto di ulteriori fattori, come potrebbe essere, ad esempio, l’ingresso di altri operatori postali nel mercato della corrispondenza, si può ragionevolmente affermare che la PEC ha adempiuto alla sua missione.

Tuttavia, c’è un aspetto che la gran massa degli utenti di Poste Italiane ha ignorato a lungo: i limiti giuridici della posta raccomandata. La giurisprudenza ha più volte chiarito che la raccomandata certifica i dati di invio e ricezione, nonché l’identità del destinatario. Null’altro.

Tant’è che per certificare il contenuto della posta raccomandata si usa la c.d. “raccomandata aperta”, un plico senza busta su cui gli uffici postali appongono gli usuali timbri e firme.

Diffondere una cultura della PEC

Come per la raccomandata, è bene ora che si diffonda un’adeguata cultura riguardo la PEC, che è certamente un successo del legislatore, che ha ottenuto significativi risultati anche in termini ambientali, che è la copia elettronica perfettamente riuscita della raccomandata cartacea e che, infine, ne replica anche taluni limiti.

Tra i fattori di successo della PEC è certamente importante la sua obbligatorietà per professionisti ed Enti, privati e pubblici.

È dunque a questo amplissimo settore della nostra società che si rivolge la necessità dell’opportuna conoscenza dei limiti della PEC, affinché non sia riposta nello strumento informatico una fiducia aprioristica, una fede nelle sorti dei rapporti giuridici gestiti attraverso la PEC.

Pur essendo strumento ancora recente sebbene certamente consolidato, la Giurisprudenza ha avuto modo di esprimersi diverse volte sulla PEC, la più recente delle quali cercheremo di illustrare di seguito.

La PEC non certifica l’allegato

La Corte di Cassazione (Ordinanza n. 10091/2024 del 15 Aprile 2024) ha confermato quanto già deciso con la Sentenza n. 32165/2023, spazzando via le speranze di chi voleva recuperare un credito di ben 231.540,70 per un contratto di locazione aziendale. Vediamo qual è stato il ragionamento della S.C., cercando di usare il più possibile le parole della Cassazione (menzionate in virgolettato).

Il creditore e il suo Avvocato avevano sostenuto che il documento allegato alla PEC – nel caso di specie, il contratto di locazione – fosse “attratto al regime di quest’ultima” e che, di conseguenza, fosse legittimo “dalla circostanza che la posta elettronica è certificata, dedurre che anche il documento allegato lo è, o meglio, che quel documento è riferibile al suo autore, e che ha effettivamente quel contenuto”.

Viceversa, la Cassazione ha confermato che la Giurisprudenza è allineata alla tecnologia e ha chiarito ancora una volta che “la posta elettronica certificata dimostra l’invio e la ricezione del messaggio, ma non garantisce il contenuto del documento allegato”.

La chiusura – sul punto – appare definitiva: “la PEC è in grado di attestare in maniera certa l’avvenuta trasmissione e ricezione del messaggio, le modalità di spedizione (data, ora e formato) ed anche il suo contenuto, ma limitatamente alla PEC stessa, non al file allegato ad essa. Pertanto, se alla PEC è stato allegato un file con un determinato nome, estensione, formato e dimensioni la ricevuta lo attesterà, ma non farà prova del contenuto di quel file

Fine? No, ai creditori è andata anche peggio!

Cosa imparare dal Grosso Guaio al “Palazzaccio”

Spesso si ritiene che la presenza di altri elementi possa dimostrare l’esistenza di un contratto. In effetti è così, ma solo se si fa particolare attenzione alle parole: un contratto, articolo indeterminativo.

La Cassazione, nel caso di specie, ha stabilito che pure laddove ci siano fatture e relativi pagamenti, riferimenti via PEC a un contratto – in questo caso di locazione – mai contestati, testimonianze concordi, tutto questo non è sufficiente. L’esistenza della prova sulle “fatture emesse dalla società” così come dei “pagamenti di importo corrispondente”, dimostrano che c’era “un rapporto tra le due società”, ma non identificano quale questo fosse.

Allo stesso modo, le prove testimoniali, sono valide per sancire “mere circostanze di ‘esecuzione’ di un rapporto”, ma non sono idonee a “ricostruire quale fosse il suo titolo e quale fosse la precisa volontà delle parti” e, tanto meno, quali fossero – tra le tante possibili – le clausole del contratto.

Concludendo, cosa impariamo dall’amara esperienza del creditore rimasto insoddisfatto? Sostanzialmente, ciò da cui siamo partiti, ossia che la PEC, come la raccomandata cartacea, ha dei limiti e i cittadini, gli operatori economici e la PA è utile ne prendano al più presto coscienza. Una cittadinanza digitale non può prescindere dalla conoscenza di quali sono le certificazioni riconosciute dalla Legge e dalla Giurisprudenza ai sistemi di comunicazione. Questa cultura di base può evitare problemi in futuro, perdite economiche, truffe.

L’archiviazione digitale delle comunicazioni non dovrebbe, pertanto, essere rimessa, ad esempio, alla frettolosa azione di un tecnico a cui è richiesto di liberare velocemente spazio in una casella PEC che rapidamente si avvicina a saturazione. Viceversa, occorre che ciascuno sappia come fare per conservare i documenti e la relativa prova valida delle azioni condotte, delle comunicazioni inviate, dei documenti approvati o delle transazioni effettuate.
Gli strumenti a disposizione consentono di conservare tutte le garanzie e tutte le certificazioni, ma vanno usate con coscienza di quelle che sono le proprie azioni.

La conoscenza dei diversi strumenti informatici disponibili sul mercato può, infine, consentire di trovare soluzioni semplici a problemi apparentemente insormontabili. Come la montagna alle volte partorisce un topolino, la conservazione del codice hash dell’allegato, comunicato via PEC da GetNut separatamente e quindi senza il peso dell’allegato medesimo, può consentire una gestione delle caselle email più serena.

La mail con l’allegato, in tal caso, può essere cancellata per evitare l’intasamento della casella di posta e il file conservato su un diverso supporto, remoto o proprietario, per una verifica successiva, senza limiti di tempo, dell’esatta corrispondenza tra il documento inviato e quello che viene riproposto all’interno, ad esempio, di una controversia giudiziale.

La soluzione GetNut, infine, oltre a fornire una opportunità per superare tutti i problemi suesposti, garantisce ai suoi utenti una capacità di trasporto che attualmente è tarata sui 2GB, ossia la possibilità di inviare in modo certificato pressoché qualsiasi file.

 


NOTE

[1] Dati AGID 2023 consultabili qui.

[2] I dati sono stati oggetto di osservazione da parte dell’autore nell’ambito di uno studio condotto da GetNut anno dopo anno. Per il rapporto fra il primo trimestre 2023 e il corrispondente periodo 2024, si può consultare questo link, dove si legge che “La Posta Descritta registra una flessione dei volumi del 1,7% (-1 milione di invii)”.

 

Indice

PAROLE CHIAVE: archiviazione / cultura digitale / pec / strumenti / trust services

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