• Vicedirettrice del Progetto DIGEAT.

    Responsabile Rubrica Futura. Fede, valori, Etica Digitale

    Responsabile Sezione Digital Culture

    Avvocato, esperta nella protezione dei dati personali, sviluppa consulenza in favore di imprese e privati. Ha conseguito il Master di alta specializzazione in “Data Protection Officer” promosso da Euroconference (Centro studi forense) con il patrocinio di ANORC Professioni presso la sede di Roma. Titolare dello Studio Legale D'Iorio che fornisce assistenza nelle materie di diritto civile con particolare approfondimento per le tematiche patrimoniali e familiari. Lo Studio Legale D'Iorio ospita la sede di Castellamare di Stabia di Studio Legale Lisi.

Abstract

La Chiesa, ormai da tempo, ha assunto un ruolo attivo nella società dove nuove tecnologie si sviluppano. La sua voce si è distinta con un impegno consolidato in una continuità argomentativa e magisteriale a partire dai semi sparsi da Giovanni Paolo II. Anche Leone XIV sin dai primi discorsi, accogliendo il background di Papa Francesco, particolarmente sensibile alla cultura del digitale, guida il presente con un approccio etico mettendo al centro di ogni sua esortazione la dignità umana, la responsabilizzazione di chi opera, il bene comune da preservare, la protezione dei più vulnerabili. È tempo, per l’attuale Pontefice, di mettere in pratica i principi che la Chiesa è andata delineando lungo i secoli e lungo i decenni per quanto riguarda l’aspetto dell’etica. Gli appelli che si susseguono sono veri e propri dettami operativi per orientare ogni fase: dalla progettazione dei dati, alla raccolta, alla conservazione, all’uso, fino alla comunicazione oggi sempre più informatizzata e che, senza un presidio di qualità, rischierebbe di tradire essa stessa i semi delle parole che promuove. A partire da un giubileo d’eccezione, che segna una novità significativa e lascia un’impronta nella vita ecclesiale, si riscopre la stretta correlazione tra qualità dei dati e la loro dignità in un nodo inscindibile che lega la centralità dell’uomo e la dignità della persona. Non mera retorica ma segno dei tempi dove la Chiesa plasma la storia.

Il vangelo che abita i social

Nel luglio 2025 è accaduto qualcosa di straordinario: per la prima volta nella storia della Chiesa è stato promosso un Giubileo dedicato ai missionari digitali e agli influencer cattolici.
L’evento, curato dal Dicastero per l’Evangelizzazione in collaborazione con il Dicastero per la Comunicazione, si è svolto a Roma nei giorni 28 e 29 luglio scorsi, a ridosso del Giubileo dei Giovani. L’intento non è stato soltanto quello di voler celebrare, ma di riconoscere formalmente l’impegno ecclesiale di chi annuncia il Vangelo attraverso i social, i canali digitali, le app, i blog di chi, con abilità inclusive, sa portare speranza a milioni di persone fisicamente distanti.

Ne è nato un evento a tutto tondo e aperto ad attività formative attraverso workshop, tavoli di lavoro, testimonianze condivise, un vissuto fatto di momenti comunitari in presenza e in streaming, pregno di riflessioni che hanno dato forma alla novità ecclesiale dell’abitare il digitale come ambito missionario non secondario.

Ecco le parole di riconoscimento riservate nel discorso di Leone XIV ai 1400 partecipanti: “È la missione che la Chiesa oggi affida anche a voi; che siete qui a Roma per il vostro Giubileo; venuti a rinnovare l’impegno a nutrire di speranza cristiana le reti sociali e gli ambienti digitali (…)

Oggi ci troviamo in una cultura nuova, profondamente segnata e costruita con e dalla tecnologia. Sta a noi – sta a voi – far sì che questa cultura rimanga umana (…)

Oggi, in una cultura dove la dimensione digitale è presente quasi in ogni cosa, in un tempo in cui la nascita dell’intelligenza artificiale segna una nuova geografia nel vissuto delle persone e per l’intera società, questa è la sfida che dobbiamo raccogliere, riflettendo sulla coerenza della nostra testimonianza, sulla capacità di ascoltare e di parlare; di capire e di essere capiti. Abbiamo il dovere di elaborare insieme un pensiero, di elaborare un linguaggio che, nell’essere figli del nostro tempo, diano voce all’Amore… questo ci porta ad un terzo appello, in virtù del quale rivolgo una chiamata a tutti voi: “andate a riparare le reti” …Reti che danno spazio all’altro più che a sé stessi, dove nessuna “bolla” possa coprire le voci dei più deboli.”[1]

Il riconoscimento esplicito della missione digitale è una novità storica. Seppure da anni l’evangelizzazione digitale si è resa sempre più presente innervando anche le comunità più piccole, non si era mai avuto finora un Giubileo che riconoscesse in modo specifico dignità a questa realtà.

È la Chiesa che, individuando esplicitamente il dono e l’opportunità del digitale, è pronta ad affidare a “missionari in carne e ossa” un nuovo paradigma in stile e contenuti per un modo rinnovato di evangelizzare da cui derivino, innanzitutto, rispetto, cura e responsabilità.

 

Cambio di paradigma. L’appello a una corresponsabilità globale

A ben vedere, questa celebrazione storica non è solo una notizia suggestiva ma porta con sé implicazioni di grande concretezza su temi come la qualità dei dati, la protezione, la trasparenza.
I missionari digitali producono dati sulle persone: Quando un influencer cattolico condivide storie di vita, testimonianze, interazioni, commenti, messaggi privati, richieste di preghiera, dietro tutto questo ci sono persone reali. Il numero di follower, le reazioni, la diffusione dei contenuti raccontano un quotidiano di fragilità e sofferenze strettamente connesse all’identità del soggetto. Si apre uno spazio in cui le ferite e le domande degli utenti online diventano protagoniste di una condivisione allargata a dismisura.

È giusto dire che le nuove tecnologie non sono più soltanto uno strumento ma un ambiente in cui si vive e la dignità del dato diventa, inevitabilmente, parte della dignità della persona.

Il dato personale calato in questo ambiente è quanto basta per mettere a nudo la persona nella comunità digitale. Se quel dato è trattato male – perché impreciso o usato senza rispetto – allora la persona è ridotta, svalutata.

Agli influencer del Vangelo giunti a Roma è stata data la possibilità di riflettere su reti e algoritmi promossi come contenuti morali e etici di primaria importanza.
Il Giubileo ha lanciato moniti contro la superficialità per segnalare che dietro ogni cifra, ogni commento, ogni “segui/mi piace” ci sono storie e vite che si intrecciano. Se l’evangelizzazione digitale non tiene conto di questo, rischia di ridurre la persona a un insieme di metriche impoverendo la relazione reale che è il cuore dell’evangelizzazione stessa. 


L’appello del Papa non è isolato ma si inserisce in una serie di interventi, documenti e pratiche di un impegno ecclesiale già in atto e sempre in evoluzione. Ne sono prova il documento Antiqua et Nova[2] del 28 gennaio 2025 per riflettere sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana, per chiedere che lo sviluppo tecnologico rispetti la persona. Il Vaticano, con le più recenti introduzioni normative[3] e le tante iniziative avviate, promuove costantemente linee guida, consultazioni, appelli, accordi internazionali proprio su dati, intelligenza artificiale, diritti umani. Come pure spiccano in quest’ambiente teologi, accademici e raffinati pensatori che si dedicano all’algoretica, alla riflessione morale sui dati, tecnologie, algoritmi in stretta collaborazione con organismi sia ecclesiali sia civili.
Il messaggio di Papa Leone XIV al Global Summit “AI for Good 2025”, promosso dall’International Telecommunication Union, è un vero e proprio manifesto etico: un appello alla coscienza collettiva perché il futuro digitale non sia lasciato alle sole logiche dell’efficienza, del profitto o della neutralità presunta degli algoritmi.

“Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale deve essere guidato da principi che rispettino la dignità della persona e il bene comune”, ha detto il Papa.

Questo il cuore del discorso di Leone XIV, fatto vibrare durante l’evento: (…) Sebbene la responsabilità dell’uso etico di sistemi di IA inizi da coloro che li sviluppano, gestiscono e supervisionano, questa responsabilità è condivisa anche da chi li utilizza. L’IA, pertanto, richiede una gestione etica adeguata e quadri normativi incentrati sulla persona umana, che vadano oltre i meri criteri dell’utilità o dell’efficienza. In sostanza, non dobbiamo mai perdere di vista l’obiettivo comune di contribuire a quella “tranquillitas ordinis, ovvero la tranquillità dell’ordine”, come l’ha definita Sant’Agostino (De civitate Dei ), e di promuovere un ordine di relazioni sociali più umano, nonché società pacifiche e giuste al servizio dello sviluppo umano integrale e del bene della famiglia umana (…).[4]
E, ancora, quando ha incontrato la Fondazione Centesimus Annus, che è molto legata ai temi della dottrina sociale della Chiesa, qui ha ripetuto il legame con la necessità del discernimento ma ha anche parlato del formare al pensiero critico e ha ribadito l’importanza della responsabilità come parola chiave, una responsabilità che però non è demandata solo ai potenti, agli sviluppatori, ai governi, ma risiede in ciascun individuo, in ciascuno di noi.

 

Conclusioni

Siamo sempre più al cospetto di una Chiesa che non si limita a osservare i cambiamenti, ma si misura con essi, portando in dote un patrimonio millenario di riflessione sull’uomo, sulla sua libertà, sul suo destino.

È attenta a distinguere l’uso dell’IA come supporto alla vita umana dall’uso dell’IA come scorciatoia per sostituire il giudizio, la coscienza, la relazione.

L’ha fatto nel richiamare l’attenzione sulle diseguaglianze algoritmiche, sull’automazione dei giudizi, sulla profilazione massiva, sull’impatto dell’IA sui sistemi educativi e sulla democrazia.
E non si tratta semplicemente di cristallizzare valori nella tecnica, ma di ricordare che ogni tecnologia è una decisione morale incarnata, ogni dato è una porzione di verità umana che, nella sua qualità, merita rispetto e discernimento. Siamo sulla traccia di una nuova alleanza tra sapienza umana, responsabilità etica e progresso.
Questa visione si esprime bene proprio nella riflessione condotta sulla qualità del dato, tema apparentemente tecnico ma sostanzialmente antropologico.

In un contesto in cui le informazioni raccolte diventano la base per decisioni automatizzate, la Chiesa invita a ricordare che ogni dato porta con sé persone, storie e loro vulnerabilità. Un dato non è mai neutro, perché non lo è la realtà da cui proviene.

Non si tratta solo di diritto alla privacy, ma di una visione profonda del bene comune. Quando il dato è falsato, incompleto, distorto, ciò che viene compromesso è il principio di verità, di realtà, di giustizia nell’informazione stessa e nel fare comunicazione.
La Chiesa non rincorre: anticipa sul piano etico ciò che la società scoprirà poi e anche a caro prezzo. Da sempre accompagna il progresso perché è interessata all’uomo e al bene dell’uomo e ne sostiene i cambiamenti indirizzandolo al pensiero critico e ad una responsabilità che è e resta personale, sempre individuale e che, proprio in questo ambito, merita di essere chiarita e scolpita poiché facilmente si tende a confonderla con lo strumento quando invece è giusto dire che tutte le scelte che vengono compiute in questo settore sono sempre delle scelte umane e all’uomo e nell’uomo ricade la responsabilità.

È proprio quella responsabilità che diventa il termostato della qualità che dobbiamo costruire.
La Chiesa offre, in questo quadro, una prospettiva unica: una visione dell’uomo non ridotta a consumatore né a produttore di dati, ma a soggetto di relazioni e di libertà.

Ne ricaviamo che cresce il bisogno di educare a una cultura digitale che non si limiti a sapere come funzionano i sistemi, ma sappia chiedere perché, per chi, con quali conseguenze. Vogliamo assistere fiduciosi a un lento e profondo insediamento culturale e spirituale nel cuore di quella che chiamiamo trasformazione digitale affinché prima e oltre a regolamentare nuove tecnologie si formino e trasformino coscienze. Solo così sarà affermato l’imperativo della qualità.
Solo così la storia prende direzione.


NOTE

[1] Saluto del Santo Padre agli Influencer e Missionari digitali, 29.07.2025 – Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.

[2] Antiqua et Nova – Nota sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana. Dicastero per la dottrina della Fede – Dicastero per la cultura e l’educazione.

[3] Con il Decreto N. DCLVII, la Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano ha promulgato, dal 30 aprile 2024, un Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati Personali valido “ad experimentum” per tre anni.

[4] Messaggio del Santo Padre Leone XIV, a firma del Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, in occasione dell’AI For Good Summit.

PAROLE CHIAVE: chiesa / dato / digitale / dignità / Giubileo / persona / qualità / responsabilità

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