• Avvocato civilista del Foro di Taranto, PhD in Diritto Privato delle Nuove Tecnologie presso UNIBA. Direttore ufficio estensione accademica e docente in Diritto Privato Comparato e di Diritto dello Sviluppo Sostenibile presso l'Istituto Universitario Sophia, Figline e Incisa Valdarno (FI). DPO e consulente legale in materia di privacy e diritto d’autore in particolare per enti ecclesiastici e organizzazioni non governative.

Abstract

Il presente lavoro intende prendere in esame i possibili strumenti rimediali a tutela dell’immagine e dei dati dei minori on-line con particolare riferimento al quadro legislativo e giurisprudenziale esistente in materia. Particolare attenzione verrà dedicata al diritto all’oblio e in particolare all’esercizio di tale diritto da parte del minore attraverso l’analisi in primis della disposizione normative del Regolamento UE 2016/679 e in secondo luogo del quadro legislativo che sta emergendo in materia in paesi come Francia e USA. Il lavoro si conclude con una breve analisi delle proposte di legge in discussione in Italia finalizzate a una tutela specifica dell’immagine e dei dati del minore in rete.

Introduzione

I minori oggi sono perennemente connessi ad applicazioni e strumenti telematici che, spesso all’insaputa degli stessi utenti, consentono l’accesso e la comunicazione dei loro dati personali a provider e social network che li utilizzano per la profilazione.

Purtroppo, spesso sono gli stessi genitori e le famiglie a rendere disponibili i dati dei propri figli in tenera età. I fenomeni dello “sharenting” e dei baby influencer, in cui le foto, le immagini e le preferenze dei bambini vengono messe in mostra dai genitori stessi per ottenere “mi piace” e visualizzazioni sui social network, stanno diventando sempre più diffusi e preoccupanti.

Criticità sono, inoltre, evidenti in relazione al fenomeno del deepfake che comporta l’alterazione di immagini, voci e suoni che vengono utilizzati all’insaputa o contro la volontà degli utenti della rete.

Il diritto all’oblio

Secondo la dottrina che si è soffermata sul tema del diritto all’oblio (right to be forgotten) lo stesso deve intendersi quale “reviviscenza del vecchio diritto a essere lasciati soli (right to be alone)”[1], ovvero come “pretesa a riappropriarsi della propria storia personale e quindi una sorta di diritto all’autodeterminazione informativa, altrimenti come mezzo per ricostruire la dimensione sociale dell’individuo, evitando che la vita passata possa costituire un ostacolo per la vita presente[2]”.

La tutela del diritto all’oblio in relazione ai media tradizionali non desta grandi difficolta applicative, stante la possibilità di cancellare le copie cartacee di un documento in maniera definitiva. Il problema si pone invece per la declinazione telematica del diritto di oblio che deve fare i conti, come sottolineato dalla dottrina con la rete delle reti, il web, dove tutto ciò che è stato inserito rimane come “una memoria illimitata e senza tempo ovvero un deposito di dati di dimensioni globali[3]”.

Si è detto, autorevolmente, che l’avvento della rete ha, difatti, invertito l’ordinario rapporto tra memoria e dimenticanza in favore della prima. Ricordare è diventata la regola e dimenticare l’eccezione[4]. Questo flusso continuo e incessante di informazioni determina una sorta di immortalità dei dati personali che comporta come conseguenza l’impossibilità di giovare dei benefici della dimenticanza e dell’oblio che consentono di curare con il tempo ferite e conflitti[5].

Il problema di fondo rispetto all’esercizio del diritto dell’oblio in rete è costituito dagli strumenti per poterne rendere effettivo l’esercizio.

La consacrazione a livello di normativa dell’Unione Europea del diritto all’oblio è avvenuta con la sentenza della Corte di Giustizia del 13 maggio nel caso Google Spain[6]. La Corte di Giustizia dell’Unione ha affermato che l’attività del motore di ricerca è qualificabile come trattamento di dati personali. Lo strumento che viene individuato dalla sentenza al fine di garantire tutela all’individuo che esercita il diritto all’oblio è costituito dalla deindicizzazione che consiste nella soppressione dall’elenco di risultati che appaiono a seguito di una ricerca on line effettuata a partire dal nome dell’interessato, “dei link verso pagine web pubblicate da terzi e contenenti informazioni relative a questa persona, anche nel caso in cui tale nome o tali informazioni non vengano previamente o simultaneamente cancellati dalle pagine web di cui trattasi, e ciò eventualmente anche quando la loro pubblicazione su tali pagine web sia di per sé lecita”. Il dato, pertanto, non viene rimosso dalla rete in maniera definitiva ma diviene soltanto di più difficile reperimento[7].

È evidente che tale tipo di strumento non determina la completa cancellazione dei dati, ma, come sottolineato più volte dalla dottrina, una semplice riduzione della visibilità in rete dell’interessato[8]. Secondo quindi l’orientamento prevalente il diritto all’oblio in rete si concretizzerebbe nel diritto alla deindicizzazione ovvero a non essere trovati facilmente attraverso una ricerca in rete[9].

L’Art. 17 del Regolamento UE 2016/679

Il Regolamento (UE) 2016/679, meglio noto con l’acronimo GDPR (General Data Protection Regulation), attuato in Italia con il d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, all’art. 17 prevede la possibilità dell’interessato di richiedere la cancellazione dei dati esercitando così il diritto all’oblio: nei casi in cui i dati personali non siano più necessari rispetto alla finalità per cui erano stati originariamente trattati, ovvero nel caso in cui siano stati trattati illecitamente, oppure quando l’interessato abbia revocato il consenso o si sia opposto al loro trattamento.

Secondo diversi studiosi il GDPR non ha provveduto ad accordare una regolamentazione organica e completa del diritto all’oblio[10]. La norma in esame più che consacrare l’esistenza di un diritto all’oblio, sembra confermare, come sottolineato da una parte della dottrina, l’esistenza di un mero diritto alla rettifica o alla cancellazione per uso illegittimo dei dati, già prevista in normative precedenti, non esercitabile ad nutum, ma condizionato dalla presenza di presupposti ben precisi e tipizzati[11].

La norma non chiarisce, difatti, quali siano gli strumenti utilizzabili né chi debba procedere alla cancellazione dei dati. L’Art.17 del GDPR, difatti, non parla di deindicizzazione, né tantomeno di cancellazione delle copie di cache e non si esprime su chi sia da indentificare come titolare del trattamento e debba effettuare l’operazione di cancellazione: se il titolare del sito sorgente o il motore di ricerca[12].

D’altra parte il considerando n. 65 del GDPR evidenzia che il diritto alla cancellazione debba cedere dinanzi all’esigenza di conservazione dei dati, “qualora sia necessaria per esercitare il diritto alla libertà di espressione e di informazione, per adempiere un obbligo legale, per eseguire un compito di interesse pubblico o nell’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento, per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica, a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici, ovvero per accertare, esercitare o difendere un diritto in sede giudiziaria” . Ne consegue che il diritto di cui all’art.17 del GDPR non trova applicazione nel caso in cui prevalga la libertà di espressione e il diritto all’informazione o a essere informati, circostanza tra l’altro confermata e consacrata dal comma 3 del medesimo articolo.

Il considerando 65, tuttavia, accorda particolare rilevanza al cosiddetto diritto all’oblio quando l’interessato abbia dato il proprio consenso da minorenne e “quindi non pienamente consapevole dei rischi derivanti dal trattamento, e vuole successivamente eliminare tale tipo di dati personali, in particolare da internet”.

Immagine del minore on-line e diritto all’oblio

I diritti del minore e l’interesse al corretto sviluppo psico-fisico dei bambini e degli adolescenti sono certamente valori preminenti nell’ordinamento italiano e dell’Unione europea che devono prevalere sulla liberà di espressione. Consegue a ciò anche l’esigenza di individuare strumenti appropriati per tutelare l’interesse del minore in rete.

Nuovi fenomeni come la condivisione spesso compulsiva di immagini dei minori anche in tenerissima età da parte dei genitori (Sharenting), la manipolazione artificiale dei dati (deepfake) o l’utilizzo di bambini e ragazzi come testimonial pubblicitari in rete (babyinfluencer) richiedono forme di tutela contro potenziali derive che vanno in primo luogo rinvenute nell’ordinamento interno o unionale. L’art. 17 del GDPR sembra insufficiente a garantire un’effettiva tutela in caso di uso abusivo e illegittimo dell’immagini di un minore, posto che l’effetto dell’esercizio dello strumento in esame è costituito dalla semplice deindicizzazione ex post dei contenuti lesivi.

Passando all’esame del quadro normativo interno la giurisprudenza italiana si è recentemente interrogata sul fenomeno con la pronuncia delle Suprema Corte di Cassazione civile sez. I – 21/08/2024, n. 23018 con la quale è stato sancito che in tema di abuso dell’immagine di minori, l’illecita diffusione del ritratto del bambino per fini di pubblicità commerciale, effettuata senza il consenso di uno dei genitori, dà diritto al risarcimento del danno, ove sia accertata una seria ed effettiva lesione alla riservatezza dell’immagine della persona, bene primario tutelato in sé quale elemento caratterizzante l’individuo che può essere pregiudicato a prescindere dall’indicazione del nome o delle generalità del minore.

La sentenza della Corte di Cassazione è certamente rilevante nell’accordare il diritto del minore al risarcimento del danno per lesione della riservatezza dell’immagine come bene primario caratterizzante l’identità digitale dello stesso. Tuttavia, ci si chiede se nel nostro ordinamento esistano strumenti più incisivi oltre all’esercizio dell’azione inibitoria accompagnata a meno dalla richiesta di risarcimento del danno.

La risposta allo stato sembra negativa.

L’ordinamento francese ha recentemente adottato alcune misure molto interessanti finalizzate a garantire piena tutela all’immagine dei minori in rete. Con la Loi n° 2020-1266 du 19 octobre 2020 visant à encadrer l’exploitation commerciale de l’image d’enfants de moins de seize ans sur les plateformes en ligne il Legislatore Francese ha regolamentato il fenomeno dei baby influencer, attraverso una modifica del codice del lavoro e assimilando tale fattispecie al lavoro minorile in presenza di alcuni fattori stabiliti dalla normativa in esame.

La legge prevede, all’ art. 6, il potere del minore di esercitare il diritto all’oblio chiedendo al responsabile del trattamento la cancellazione di tutti i dati che lo riguardano anche contro e a prescindere della volontà dei genitori.

A seguito dell’introduzione di tale normativa in Francia permanevano, tuttavia, delle zone d’ombra che sono state coperte da un successivo testo di legge denominato “Loi n° 2024-120 du 19 février 2024 visant à garantir le respect du droit à l’image des enfants”. Quest’ultimo strumento normativo ha provveduto a novellare il Codice civile francese introducendo alcune disposizioni specifiche in tema di tutela dell’immagine dei minori.

In concreto, l’art. 371.comma 1 è stato riscritto prevedendo la necessità dell’autorizzazione congiunta di entrambi i genitori per la pubblicazione dell’immagine dei minori nel rispetto del diritto alla vita privata dei figli e attraverso il coinvolgimento degli stessi. Secondo il nuovo art.377 del Codice civile francese in caso di disaccordi o di violazioni della dignità e dell’integrità morale del minore il Giudice può nominare un tutore del minore che eserciti il diritto all’immagine dello stesso, sentito il suo espresso parere.

Il testo di legge afferma, pertanto, il principio per cui che è compito specifico e inderogabile dei genitori proteggere l’immagine e la vita privata dei bambini.

La disposizione più significativa della proposta di legge in esame è costituita senza dubbio dalla previsione che in caso di disaccordi o di violazioni della dignità e dell’integrità morale del minore i genitori possano decadere da ogni diritto sull’immagine dei propri figli e che il Giudice possa nominare un tutore del minore che eserciti il diritto all’immagine dello stesso al posto dei genitori.

Non sorprende, pertanto, chi scrive che paesi come gli Usa normalmente restii a porre freni alla libertà di espressione vedano crescere il dibattito sulle modalità e gli strumenti di tutela dell’immagine dei minori in rete. Negli Usa non esiste una normativa federale che preveda una tutela specifica dell’immagine dei minori in rete. In California, tuttavia, si discute se applicare in maniera estensiva ai social la normativa, già in vigore da tempo, denominata “California State Coogan Act” del 1938, pensata per proteggere i piccoli attori di Hollywood contro potenziali abusi della loro immagine da parte dei genitori.

Il dibattito in materia si è aperto anche in Italia con la proposizione di ben quattro diversi proposti di legge sull’attività dei babyinfluencer e lo sharenting: (n. 1771/2024; n. 1800/2024; n. 1863/2024; n. 1217/2024).

La proposta di legge Sportiello n. 1771/2024 prevede la possibilità del minore ultraquattordicenne di esercitare direttamente il diritto all’oblio ai sensi dell’art. 17 del Regolamento 2016/679.

Conclusioni: alcuni spunti di riflessione

In presenza di fattispecie lesive della dignità del minore e/o di comportamenti illeciti da parte dei genitori o di altri adulti la libertà di espressione deve cedere il passo alla tutela del best interest of the child.

Il quadro normativo implementato in Francia introduce, difatti, la possibilità del minore di esercitare incisivi poteri di intervento a tutela della propria immagine e dei propri dati. I testi normativi non fanno riferimento agli strumenti utilizzabili per esercitare il diritto all’oblio o alla cancellazione dei dati lesivi della dignità del minore. A parere di chi scrive, tuttavia, la semplice deindicizzazione del nome del minore dai risultati di ricerca non è sempre sufficiente a tutelare il minore. Nei casi, in cui il minore abbia revocato il consenso alla pubblicazione ovvero nei casi di sfruttamento illecito o abusivo delle immagini dello stesso, sarebbe certamente più efficace ai fini della tutela dell’interesse del bambino e dell’adolescente, la cancellazione dei dati attraverso l’eliminazione delle copie di cache della pagina ad opera non solo del motore di ricerca ma anche del titolare del sito sorgente.

La Francia ha aperto la strada e il dibattito sull’esigenze di tutela dei dati e dell’immagine dei minori si sta allargando finanche a comprendere proposte di legge finalizzate a vietare completamente l’uso dei cellulari e altri dispostivi elettronici similari ai minori sotto una certa soglia di età. Il diritto all’oblio rappresenta, pertanto, uno strumento di tutela ex post che, tuttavia, per essere efficace richiede la specificazione delle modalità di esercizio e dei meccanismi di enforcement che allo stato risultano ancora da chiarire.

 


NOTE

[1] E. Frosini., Il Costituzionalismo nella società tecnologica, Diritto dell’Informazione e dell’Informatica, f. 3, 2020, 465 – 484; C. Chiola, Appunti sul c.d. diritto all’oblio e la tutela dei dati personali, in Percorsi Cost., n. 1, 2010, 39.

[2] E. Frosini, La tutela dei dati e il diritto all’oblio, in Rass. parl., n. 4, 2018, 497 ss..

[3] Frosini E., Il Costituzionalismo…cit., 473.

[4] Ibidem

[5] A. Oliverio, Memoria e oblio, Soveria Mannelli, 2003, 9; V.M. Schönberger, Delete. Il diritto all’obliocit, 2.

[6] Corte giust. 13 maggio 2015, C-131/12, Google Spain SL, Google Inc. contro Agencia Española de Protección de Datos, Mario Costeja González

[7] S. Martinelli Diritto all’oblio…cit., 565; M. Cocuccio, Deindicizzare per non censurare…cit, 182 ss.; G. Bevivino, Il diritto all’oblio nell’epoca “digitale”: ruolo della giurisprudenza ed esigenze di regolamentazione, in Giustizia Civile, fasc.1, 2022, 2217; G. Stanzione, Libertà di espressione e diritto alla privacy nel dialogo delle Corti. Il caso del diritto all’oblio, in Europa e Diritto Privato, fasc.3, 2020, 991.

[8] G. Bevivino, Il diritto all’oblio nell’epoca “digitale” …cit., 223.

[9] M. Cocuccio, Deindicizzare per non censurare…cit., 186

[10] G. Bevivino, Il diritto all’oblio nell’epoca “digitale” …cit., 220 ss.;.

[11] A. Palladino, “Oblio 4.0” …cit., 84; G. Garofalo, Identità digitale e diritto all’oblio: questioni aperte all’indomani dell’approvazione del GDPR, in Diritto di Famiglia e delle Persone, fasc.3 2021, 1505.

[12] S. Martinelli, Diritto all’oblio e motori di ricerca: il bilanciamento tra memoria e oblio in Internet e le problematiche poste dalla de-indicizzazione, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, fasc. 3, 2017, 578.

Indice

PAROLE CHIAVE: deindicizzazione / immagini / memoria / minori / strumenti di tutela

Condividi questo contenuto su

Tutti i contenuti presenti in questa rivista sono riservati. La riproduzione è vietata salvo esplicita richiesta e approvazione da parte dell’editore Digitalaw Srl.
Le foto sono di proprietà di Marcello Moscara e sono coperte dal diritto d’autore.