• Responsabile della gestione documentale e della conservazione presso l'Università Iuav di Venezia, si occupa dell'archivio in ogni sua fase: corrente, di deposito e storico. Ha maturato esperienza e competenze in ambito di dematerializzazione, reengineering dei flussi documentali finalizzato alla protocollazione automatica dei documenti, interoperabilità, ma anche nella elaborazione e redazione di strumenti di lavoro indispensabili per gli archivisti, quali manuale di gestione e di conservazione, piano di conservazione e massimario di selezione.

Abstract

L’intelligenza artificiale invade ormai ogni terreno, ha enormi potenzialità e capacità, ma richiede disciplina e consapevolezza. Ha già pervaso gli archivi e continuerà il suo percorso, ma può essere utilizzata per i processi di selezione? I criteri di selezione non possono essere considerati dati certi da offrire all’intelligenza artificiale per definire tempi di conservazione e di scarto affidabili. Inoltre, mentre per gli archivi digitali si può progettare una selezione preordinata, in cui l’intelligenza artificiale può operare efficacemente, per gli archivi analogici gli scenari sono diversificati ed è preferibile limitarne l’uso, lasciando più ampio spazio di azione all’intelligenza artigianale degli archivisti.

Chi lavora in un archivio e si confronta tutti i giorni con documenti, serie, fascicoli, aggregazioni, sa che l’operazione più difficile e temuta da affrontare è di sicuro la selezione, ossia “l’attività che stabilisce la durata dei documenti al fine di deciderne la destinazione finale (conservazione a lungo termine o eliminazione) in base alla individuazione e valutazione di criteri di funzionalità archivistica”[1]: agire tenendo conto di tutte le esigenze, da quelle culturali, a quelle pratiche, giuridiche e amministrative, presuppone una visione di insieme di cui solo chi conosce a fondo l’archivio, la storia dell’ente e i procedimenti amministrativi può disporre, inoltre la consapevolezza che destinare all’eliminazione alcuni documenti è un viaggio senza ritorno, di sicuro non alleggerisce l’attività dell’archivista.

Sarebbe più semplice scegliere i tempi di conservazione delle unità archivistiche sulla base di criteri di selezione certi, evidenti e incontestabili, ma dottrina ed esperienza insegnano che questo non è sempre possibile, anzi, il contrario.

I criteri per la selezione dei documenti

Ancora oggi, nel nostro paese, al di là delle poche disposizioni normative che prevedono tempi di scarto certi, non sono stati individuati con precisione criteri oggettivi, chiari e condivisi, con la conseguenza che l’attività di selezione è spesso guidata da interpretazioni soggettive, sia degli archivisti che degli enti di vigilanza che autorizzano lo scarto.

D’altra parte, se la rilevanza storica di un documento è una delle caratteristiche da valutare ai fini della selezione, anche questo risulta essere un “concetto evidentemente relativo che ha acquistato nel tempo e nello spazio valore e significati diversi determinati da un complesso di fattori culturali, politici e morali”[2]. Non dimentichiamo che l’elemento del valore storico è strettamente legato alle finalità di ricerca, di cui l’archivio di per sé si fa garante.

Il concetto di valore archivistico delle fonti, inteso come fondamento della valutazione e selezione delle fonti documentarie, riporta all’analisi delle funzioni proprie del soggetto produttore, attività che deve tener conto della continua evoluzione normativa che invade gli enti, coinvolgendo le loro funzioni in sviluppi quotidiani: le università stesse in questi anni hanno cambiato il loro titolario di classificazione, implementandolo, ad esempio, con classi riguardanti la sostenibilità, la terza e la quarta missione.[3]

L’iperproduzione di documenti, comprese le loro innumerevoli duplicazioni in ambienti e supporti differenti, caratterizza gli archivi digitali e rende necessarie forme di selezione preordinata, che inizia già nella fase di formazione dell’archivio e presuppone il possesso di strumenti idonei, come piani di conservazione e massimari accurati, manuali di gestione aggiornati e funzionali, oltre a funzionari formati e consapevoli.

Questo ultimo elemento è di ferma e chiara importanza, perché detenere strumenti ben costruiti ed efficienti non implica l’automatica eliminazione di documenti, serie, fascicoli e aggregazioni tout court, ma risulta sempre necessario l’intervento dell’archivista esperto nelle fasi di autorizzazione successive.

Quali dati per una intelligenza artificiale?

Posto allora che i criteri per l’attività di selezione non sono di semplice individuazione, né portano a regole stabili, quali dati potremmo sottoporre all’analisi di una qualsivoglia tipologia/livello di intelligenza artificiale, affinché essa stessa possa elaborarli e suggerire una soluzione certa e affidabile? Se l’intelligenza artificiale lavora, almeno al livello base, confrontando e analizzando dati, quali criteri certi potremmo fornirle su cui potersi basare per la selezione?

Qualcuno potrebbe rispondere: il Codice civile italiano dispone termini di legge precisi, ad esempio per i documenti contabili, eliminabili previa autorizzazione dell’ente di vigilanza dopo dieci anni. Non c’è forse disposizione più semplice, almeno così sembra. Qualche mese fa arriva al servizio ricerca dell’ente in cui lavoro la richiesta da parte della Regione del Veneto di esibire le fatture del 2011 e 2012 ai fini di controllare la rendicontazione di alcuni finanziamenti destinati alla ricerca. Fortunatamente, a causa anche dei rallentamenti dei lavori in archivio per l’emergenza sanitaria internazionale degli ultimi anni, ancora non avevamo proposto per lo scarto alla Soprintendenza competente le fatture richieste dalla Regione, pertanto abbiamo potuto produrle al servizio per gli audit regionali. Per sicurezza ci siamo confrontati con i colleghi e abbiamo appreso che la Regione può eseguire i suoi controlli in un lasso di tempo di quindici anni. Si rende necessario, a questo punto, eseguire una modifica del Massimario di selezione inserire dei tempi differenziati per i documenti contabili prodotti e gestiti nell’ambito della ricerca.

Altro caso: i cedolini di retribuzione mensili hanno un tempo di conservazione molto limitato, 5 anni dalla data del documento. La realtà, invece, riflette una situazione molto diversa: in archivio di deposito conserviamo tutti i cedolini stipendiali cartacei dal 1990 circa al 2009, perché nel passaggio dall’Istituto nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica INPDAP (istituito nel 1993 e soppresso dal 1° gennaio 2012) all’Istituto nazionale di Previdenza Sociale (INPS), molti documenti sono andati persi e, non essendo i procedimenti ancora del tutto informatizzati, su richiesta del servizio che gestisce gli stipendi del personale abbiamo conservato la documentazione cartacea.

Questi sono soltanto alcuni degli esempi che potrei citare e sono certa che molti colleghi avrebbero numerose esperienze simili da riportare.

In questi casi, il rapporto stretto col personale è un elemento di fondamentale importanza per la corretta selezione dei documenti. Spesso il confronto coi colleghi è indispensabile per ricostruire la storia delle funzioni dell’ente, tenendo in considerazione anche memoria e risorse di ogni tipo. Mi chiedo come queste relazioni e i risultati che producono potrebbero essere tradotti in sterile dato da considerare in fase di analisi da parte di una intelligenza artificiale. Forse, ma questo è solo un mio appunto ironico, nella lista di scarto comparirebbe un alert che avvisa di consultare i colleghi in caso di dubbio?

Altra casistica: ci sono tipologie di documenti soggetti a sicura eliminazione, come ad esempio i brogliacci di lavoro. Non sono neppure considerati documenti e spesso vengono messi direttamente a macero, ma devono essere prima esaminati, perché capita che le note dei colleghi scritte a mano possano risultare fondamentali per ricostruire un evento, un fatto, che siano il pezzo del puzzle mancante. A volte anche un semplice scambio di email (ovviamente stampate!) può essere importante. Come potrebbe l’intelligenza artificiale sostituire in questo caso l’intervento umano? Cogliere l’importanza di quanto scritto in nota anche se ha a disposizione (nella migliore delle ipotesi) la scansione dell’immagine? Sulla base di quale dato fornitole in precedenza potrebbe arrivare a capire che quella nota va conservata piuttosto che eliminata? È vero che il controllo umano deve sempre essere uno step obbligatorio, ma è sufficiente se effettuato dopo la selezione?

Differenze: documenti analogici e digitali

Abbiamo visto come in ambiente analogico, l’operazione di selezione debba tenere in considerazione moltissime varianti e pur in presenza di strumenti come massimari di selezione, piani di conservazione esaurienti, completi e ben strutturati, possa capitare di riconsiderare i tempi di conservazione alla luce di elementi imprevedibili, estemporanei, particolari.

Sembra quasi che prenda vita un rapporto fisico tra l’archivista e le carte che riordina e che tale relazione non possa essere del tutto trasformata in dato. Ritengo che non si possa sostenere lo stesso per i documenti digitali, che forse proprio a causa di questa loro forma, o per il fatto che spesso li troviamo duplicati su supporti e applicativi diversi, perdono quella particolarità e carattere che invece è peculiare dei documenti cartacei.

Per i documenti digitali però, come suggerito in precedenza, è consigliabile predisporre una selezione preordinata, progettata già in fase di formazione del documento nel momento del suo ingresso nel sistema di gestione documentale. Con l’aiuto degli strumenti sopra citati, il massimario di selezione e il piano di conservazione, integrati al sistema di gestione informatica dei documenti, e nel rispetto delle disposizioni normative in materia di gestione documentale e di conservazione[4], è possibile attribuire a ciascuno di essi un tempo di conservazione e destinarli allo scarto.

L’intelligenza artificiale in questa fase potrebbe dare un aiuto enorme, produrre liste di scarto compatibili con i tempi di conservazione prestabiliti, sempre a condizione che il responsabile della gestione documentale possa controllare a valle le liste stesse.

Domanda: esistono livelli di interoperabilità tali tra sistemi in grado di avvisare che la domanda di un candidato di ammissione ad una procedura selettiva non può essere selezionata per lo scarto perché c’è ancora un ricorso in atto? Il sistema di intelligenza artificiale dovrebbe avere accesso (solo per consultazione) anche al sistema di gestione documentale e poter quindi verificare se esistono, ad esempio, controversie giudiziali ancora in atto; meglio se l’interoperabilità fosse estesa a tutti gli applicativi dell’ente, al fine di verificare e controllare eventuali altre situazioni che potrebbero alterare i tempi di conservazione.

Viene naturale pensare che la creazione di un archivio di deposito digitale, struttura scomparsa e schiacciata ormai tra l’archivio corrente e quello storico, avrebbe tra le altre anche questa funzione, ossia quella di permettere all’archivista di eseguire i necessari controlli sulle liste di scarto proposte da un eventuale sistema di intelligenza artificiale, prima di versare in conservazione i documenti.

Sono molte le problematiche legate allo scarto dei documenti digitali[5]: la duplicazione di fascicoli e documenti in diversi applicativi e supporti, la difficoltà di cancellazione di un documento, il problema del riversamento dei formati e dei documenti originali, i pacchetti di archiviazione contenenti documenti con tempi di conservazione differenti e molti altri. Tutti questi temi devono essere affrontati e risolti prima di progettare lo scarto tramite intelligenza artificiale o si rischia da un lato di creare ulteriori nuovi problemi, dall’altro di sfruttare solo parzialmente le enormi potenzialità che un tale sistema offre.

Conclusioni

Data la diversa natura e le caratteristiche proprie degli archivi analogici e di quelli digitali, considerate anche le osservazioni e le domande che ho posto in precedenza, ritengo che per gli archivi digitali l’applicazione di un sistema di intelligenza artificiale correttamente progettato, conforme alle disposizioni normative e interne dell’ente, potrebbe portare a degli ottimi risultati, specie se in presenza di un archivio di deposito digitale adeguato.

Per gli archivi analogici, invece, credo sia meglio limitarsi a sistemi e applicazioni che permettano la selezione automatica dei documenti[6], ma che lascino maggior spazio a quella intelligenza “artigianale” di cui gli archivisti sono abbondantemente portatori sani.

Desidero concludere con una domanda che si è posta Jenny Bunn, archivista per i National Archives della Gran Bretagna, nell’ambito del progetto InterPARES Trust AI: “What does this mean though and where do we go from here? Does it mean that the task of appraisal can be undertaken by classifiers built using machine learning techniques? To some extent, yes. Does it mean archivists will now delegate the task of appraisal to automated systems? Almost certainly, no. Indeed, is the real question at issue here actually whether archivists will ever be able to consider appraisal as just a task to be automated, rather than a responsibility to be borne? What will it take for them to be willing to relinquish that responsibility to others, however humanly or artificially intelligent they may be?[7].

Come archivisti, siamo davvero pronti?

 


NOTE

[1] Maria Guercio, La selezione, in Archivistica, Teorie, metodi, pratiche, a cura di Linda Giuva e Maria Guercio, Roma, Carocci editore, 2014, pagg. 79-98, per la cit. pag. 79.

[2] Paola Carucci, Il documento contemporaneo. Diplomatica e criteri di edizione, Roma, Carocci editore, 1987, pp. 22-26.

[3] Vedi Gruppo di Lavoro sui Titolari (Procedamus). Sul punto si veda anche G. Penzo Doria, Il nuovo modello di titolario per gli archivi delle università e degli enti pubblici di ricerca, «ARCHIVI», XVII/2 (2022), pp. 123-138.

[4] Linee Guida AgID sulla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici, 2021

[5] Stefano Allegrezza, La selezione negli archivi digitali delle università: alcuni spunti di riflessione, in Atti dell’8a Conferenza organizzativa degli archivi delle università italiane e il Massimario di selezione per gli archivi universitari, a cura di G. Penzo Doria, Padova, Cleup, 2024, pp. 281-307.

[6] Vedi ad esempio l’applicazione ScartUP

[7] Jenny Bunn, AI for Appraisal and Selection: A personal reflection, Arbido, 2023/1 Les Archives du futur

Indice

PAROLE CHIAVE: archivi analogici / archivi digitali / intelligenza artificiale / selezione

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