• Avvocato, svolge l'attività professionale giudiziale nel campo del diritto penale e attività di consulenza nel campo del diritto delle nuove tecnologie e della tutela dei dati personali.

Abstract

Il lavoro si propone di dare una lettura coordinata e ragionata – nell’ottica della “intelligenza artigianale” e del suo insostituibile contributo all’organizzazione dello studio legale, la compliance dello stesso – alle disposizioni normative, soprattutto di natura tecnica e, dunque, di fonte regolamentare, riguardanti il processo penale telematico. Com’è noto la dimensione telematica del processo penale – in realtà quella attinente al deposito degli atti, che é una dimensione “telematica” del processo penale non sarebbe né ipotizzabile né auspicabile – ha preso le mosse nel corso della emergenza sanitaria conseguente alla epidemia COVID ed è stata, poi, regolamentata dal decreto legislativo n. 150/2022, in attuazione dei principi contenuti nella legge delega n. 134/2021 ed in vista del raggiungimento degli obiettivi del Piano Nazionale di Resilienza e Resistenza, P.N.R.R., determinati proprio dalla predetta emergenza sanitaria. In tale prospettiva l’excursus normativo, limitato alla fase della redazione dell’atto processuale e con espressa esclusione di quella della sottoscrizione e del deposito, si conclude con l’individuazione delle “regole tecniche” – in particolare quelle attinenti al “formato” dell’atto principale e dell’assenza di “elementi attivi” – che ogni Avvocato deve rispettare al fine di evitare profili di responsabilità professionale collegati alla inammissibilità se non alla inesistenza dell’atto processuale redatto in difformità delle predette regole tecniche.

La formazione degli atti e dei documenti processuali in formato digitale

L’articolo 5 comma 1 della legge n. 134/2021, contenente la “Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”, stabilisce che il Governo, nell’esercizio della delega finalizzata alla modifica del codice di procedura penale, adotta disposizioni in materia di processo penale telematico prevedendo, tra l’altro, che “atti e documenti processuali possano essere formati e conservati in formato digitale, in modo che ne siano garantite l’autenticità, l’integrità, la leggibilità, la reperibilità e, ove previsto dalla legge, la segretezza”.

In attuazione della delega legislativa il Governo ha approvato il d.lgs. 150/2022 contenente interventi normativi di riforma del codice penale e di procedura penale, il cui filo conduttore, come si legge nella relazione illustrativa al predetto decreto legislativo “è rappresentato dall’efficienza del processo e della giustizia penale, in vista della piena attuazione dei principi costituzionali, convenzionali e dell’U.E. nonché del raggiungimento degli obiettivi del P.N.R.R., che prevedono entro il 2026 la riduzione del 25% della durata media del processo penale nei tre gradi di giudizio”.

In particolare, l’articolo 6 del d.lgs. 150/2022 ha sostituito l’articolo 110 del codice di procedura penale che, mantenendo intatta la rubrica “Forma degli atti”, a seguito della modifica e nei commi 1 e 2 risulta oggi così novellato:

  1. Quando è richiesta la forma scritta, gli atti del procedimento penale sono redatti e conservati in forma di documento informatico, tale da assicurarne l’autenticità, l’integrità, la leggibilità, la reperibilità, l’interoperabilità e, ove previsto dalla legge, la segretezza.
  2. Gli atti redatti in forma di documento informatico rispettano la normativa, anche regolamentare, concernente la redazione, la sottoscrizione, la conservazione, l’accesso, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici.

Com’è di tutta evidenza si tratta di una disposizione normativa di fondamentale importanza nella economia degli atti processuali poiché, nella redazione di un atto per il quale “è richiesta la forma scritta” impone, al comma 2, il rispetto della normativa “anche regolamentare, concernente la redazione […] degli atti e dei documenti informatici”: per comprenderne in pieno la rilevanza si consideri che, ad esempio, l’articolo 581 c.p.p., rubricato “Forma dell’impugnazione” stabilisce, al primo comma, che “L’impugnazione si propone con atto scritto” così rinviando, per la verifica della stessa esistenza giuridica dell’atto di impugnazione redatto in formato informatico e comunque per la sua ammissibilità, a quanto stabilito dalla ricordata norma dell’articolo 110 c.p.p.

Dunque, rimanendo nell’ambito dell’esempio della redazione dell’atto di impugnazione in formato informatico, essa deve rispettare la normativa, “anche regolamentare” concernente la redazione stessa.

Nell’economia del presente lavoro vanno soltanto ricordati gli ulteriori step riguardanti la sottoscrizione degli atti e dei documenti processuali in formato digitale, disciplinata dall’articolo 111 comma 2 bis del codice di procedura penale, anch’esso novellato ed il deposito telematico degli atti, regolato dalla norma dell’articolo 111 bis del codice di rito, introdotta dal dereto legislativo n. 150/2022

La redazione degli atti processuali informatici

La relazione illustrativa al d.lgs. 150/2022 a proposito della redazione del documento informatico, nell’ottica del principio della libertà delle forme prevede che “ogni soluzione digitale percorribile è accettata, purché assicuri i requisiti prescritti dalla disposizione” ovvero quelli di autenticità, integrità, leggibilità, reperibilità, interoperabilità e, ove previsto dalla legge, segretezza – ha sottolineato il necessario “rispetto della normativa, in primo luogo sovranazionale (in particolare adottata a livello UE, quale il regolamento eIDAS 2014/910/UE), nonché nazionale, anche di rango regolamentare, concernente la redazione, la sottoscrizione, l’accesso, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici”.

In particolare nella Relazione è sottolineata la stretta connessione intercorrente tra la redazione del documento informatico ed il suo deposito telematico: ciò che appariva, dal tenore testuale della legge delega, una semplice “facoltà” – prevedere che “atti e documenti processuali possano essere formati e conservati in formato digitale” – è da intendersi come un vero e proprio obbligo in considerazione delle modalità esclusivamente telematiche del “deposito” degli atti stessi.

Si tratta di modalità certamente previste, con utilizzo non casuale dell’indicativo, sin dalla legge delega – “prevedere che nei procedimenti penali in ogni stato e grado il deposito di atti e documenti […] siano effettuati con modalità telematiche – e confermate dal tenore testuale inequivoco dell’articolo 111 bis c.p.p., a mente del quale “il deposito di atti, documenti, richieste, memorie ha luogo esclusivamente con modalità telematiche”.

La redazione del documento informatico nella disciplina nazionale

Il documento informatico è definito, dall’articolo 1 comma 1 lettera p) del decreto legislativo n. 82/2005 – il Codice dell’amministrazione digitale – “il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”

A norma dell’articolo 20 comma 1 bis dello stesso decreto legislativo “Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore”.

Il comma 1 quater del medesimo articolo 20 reca: “Restano ferme le disposizioni concernenti il deposito degli atti e dei documenti in via telematica secondo la normativa, anche regolamentare, in materia di processo telematico”.

In forza delle citate disposizioni normative, dunque, assume rilievo, in ambito giuridico, il “contenitore” di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti: si pensi, ad esempio, alle email ordinarie ed alla rilevanza che lo scambio delle stesse può assumere ai fini della prova della valida formazione del consenso in ambito contrattuale; allo stesso modo anche un file video o fotografico possono essere considerati idonei a spiegare i loro effetti in ambito giuridico e, pertanto, è possibile affermare che anche essi contengono “atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”.

In alcuni casi, però, il documento informatico, per spiegare effetti giuridicamente rilevanti, deve essere redatto in forma scritta: in questi casi è necessario che allo stesso sia apposta “una firma digitale”, così come previsto dall’articolo 20 comma 1 bis del Codice dell’amministrazione digitale, disposizione che crea, dunque, un sottoinsieme di documento informatico che presenta caratteristiche ulteriori rispetto a quelle delineate dall’articolo 1 comma 1 lettera p) dello stesso Codice.

La redazione del documento informatico nella disciplina regolamentare

L’articolo 1 del DM n. 44/2011 individua l’oggetto del decreto, ovvero “le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010 n. 24, recante «Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario» ed in attuazione del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante «Codice dell’amministrazione digitale» e successive modificazioni”.

In particolare, a norma dell’articolo 11 dello stesso DM, come sostituito dall’articolo 1 comma 1 lettera f) del DM n. 217/2023 “L’atto del procedimento in forma di documento informatico è privo di elementi attivi ed è redatto nei formati previsti dalle specifiche tecniche di cui all’articolo 34, che stabiliscono altresì le informazioni strutturate destinate ad essere inserite nei registri informatici”.

L’articolo 34 comma 1 del DM, come modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera t), numero 1), del D.M. 29 dicembre 2023, n. 217  reca: “Le specifiche tecniche sono stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentita l’Agenzia per l’Italia Digitale e, limitatamente ai profili inerenti alla protezione dei dati personali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali”.

Dunque, il citato Decreto Ministeriale individua due passaggi fondamentali inerenti la redazione del documento informatico, ovvero l’assenza di “elementi attivi” ed il “formato”.

In tale prospettiva occorre esaminare la disciplina tecnica di dettaglio, ovvero il provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati (DGSIA) del Dipartimento per l’innovazione tecnologica del Ministero della Giustizia.

Si tratta, com’è di tutta evidenza, di una disciplina normativa di fonte secondaria che si occupa di stabilire le regole tecniche da rispettare perché un documento informatico – come tale rientrante nella definizione di cui al ricordato articolo 1 comma 1 lettera p) del Codice dell’amministrazione digitale – possa spiegare i suoi effetti nell’ambito del procedimento civile o penale: in particolare il divieto di “elementi attivi” nel corpo del documento ed il rispetto di formati ben definiti rispondono alla logica di preservare le esigenze di sicurezza del “deposito degli atti e dei documenti” e della infrastruttura pubblica attraverso la quale avviene detto deposito.

Segue: La redazione del documento informatico nella disciplina regolamentare

Con provvedimento del 2 agosto 2024 il Direttore del DGSIA ha disciplinato “le specifiche tecniche previste dall’articolo 34, comma 1, del regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione”, il già ricordato decreto ministeriale n. 44/2011.

In particolare l’articolo 15, rubricato “Formato dell’atto del procedimento in forma di documento informatico”, al comma 1, stabilisce i requisiti che deve rispettare “l’atto del procedimento civile o penale in forma di documento informatico, da depositare telematicamente nell’ufficio giudiziario”: esso dev’essere in formato PDF o PDF/A, ottenuto dalla trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti ed è privo di elementi attivi e di password (art. 15 comma 1 lettere a, b, c ed e).

Se il formato PDF non crea alcun dubbio interpretativo – si tratta, com’è noto, di “un formato di file usato, secondo la definizione dei creatori, per «presentare e scambiare documenti in modo affidabile, indipendentemente dal software, dall’hardware o dal sistema operativo», poiché, per poter visualizzare il file in questo formato, è sufficiente utilizzare il software gratuito fornito dalla medesima società creatrice, la Adobe, denominato Acrobate Reader[1] – e se nessun dubbio riguarda la modalità di creazione del file in formato PDF – esso dev’essere ottenuto dalla “trasformazione di un documento testuale”, cosicché si esclude che il documento informatico ex articolo 15 possa essere ottenuto dalla “scansione di immagini” – occorre prestare attenzione all’assenza di “elementi attivi” nel corpo del documento stesso.

Difatti caratteristica del formato PDF è che lo stesso “può contenere collegamenti ipertestuali, campi modulo, audio e video”[2]mentre il documento informatico ex articolo 15 non può contenere elementi attivi.

In uno studio di Roberto Arcella e Pietro Calorio dal titolo “Gli «elementi attivi» vietati nelle regole tecniche del PCT – ricostruzione della normativa di riferimento e indicazioni operative” gli autori, al fine di stabilire cosa si intende per “elementi attivi” richiamano l’articolo 4 comma 3 delle regole tecniche sulle firme elettroniche avanzate, qualificate e digitali, ovvero il D.P.C.M. 22/2/2013 emanato ai sensi dell’articolo 71 del Codice dell’amministrazione digitale: tale disposizione normativa stabilisce che “Il documento informatico, sottoscritto con firma elettronica qualificata o firma digitale, non soddisfa il requisito di immodificabilità del documento previsto dall’art. 21, comma 2, del Codice, se contiene macroistruzioni, codici eseguibili o altri elementi, tali da attivare funzionalità che possano modificare gli atti, i fatti o i dati nello stesso rappresentati”.

Secondo gli autori tale definizione coincide con quella di “elementi attivi vietati” contenuta in un documento dal titolo “Indicazioni per la creazione dell’atto principale di un deposito” rinvenibile sul sito pst.giustizia.it senza alcuna indicazione di paternità, ma i cui metadati permettono di ricondurla alla dr.ssa Anna Candelieri, Ministero della Giustizia Direzione Generale per i Sistemi Informativi Automatizzati: orbene, secondo tale documento – che, si ribadisce, è raggiungibile sul Portale dei servizi telematici del Ministero della Giustizia – “privo di elementi attivi” significa che “non è ammessa la presenza di macro o di campi che possano pregiudicare la sicurezza (es. veicolare virus) e alterare valori quando il file viene aperto”.

Nello stesso documento, invece, si specifica che sono ammessi elementi quali figure all’interno del testo, indirizzi mail/pec, link a documenti allegati al deposito – che l’autrice consiglia in quanto migliorano la leggibilità e la fruizione dell’intero deposito – e addirittura link a siti o risorse esterne[3].

Dunque, secondo lo studio degli autori Roberto Arcella e Pietro Calorio “Non vi è dubbio che nel momento in cui un programma informatico venga eseguito automaticamente alla sola apertura di un file, e comporti l’alterazione del suo contenuto (in una qualunque sua parte), si concretizzerebbe quantomeno una violazione del contraddittorio nella misura in cui le parti nel processo non avrebbero alcuna possibilità di condurre verifiche sull’atto così modificato” mentre, al contrario,  per gli autori non sono elementi attivi talune funzionalità informatiche tra le quali vengono indicate, a solo titolo esemplificativo, link ipertestuali ai documenti allegati al deposito; indici, sommari, note, intestazioni e piè di pagina; immagini, grafici o figure all’interno del file dell’atto o del documento; link a indirizzi di posta elettronica (ordinaria o PEC) e link ipertestuali a risorse esterne (es. siti Internet)[4].

Conclusioni

Come appare di tutta evidenza dalle considerazioni fatte in precedenza, il collegamento tra la norma dell’articolo 110 c.p.p. – e del suo rinvio alla normativa regolamentare – con le singole disposizioni normative del codice che prescrivono la forma scritta per la redazione degli atti processuali – ad esempio il ricordato articolo 581 c.p.p. in materia di impugnazioni – rende, oggi, particolarmente delicato il ruolo dell’Avvocato che, nell’adempimento del suo mandato difensivo, deve affidarsi anche alla conoscenza tecnica della disciplina regolamentare inerente la redazione dell’atto processuale in formato informatico al fine di evitare che l’atto sia inidoneo a produrre effetti giuridici poiché inammissibile.

In tale prospettiva assumono rilievo anche gli step successivi sia della sottoscrizione dell’atto che del suo deposito.


NOTE

[1]  M. Reale, voce “PDF/A” in AAVV, Dizionario Legal Tech, a cura di Giovanni Ziccardi e Pierluigi Perri, Milano, pagg. 710 s. Nella stessa voce l’autore ha specificato che il formato “PDF/A” “è uno standard internazionale (ISO1005), sottoinsieme dello standard PDF, appositamente pensato per l’archiviazione nel lungo periodo di documenti elettronici”.

[2]  M. Reale,  voce “PDF/A” in AAVV, Dizionario Legal Tech, loc. cit.

[3]  É da rilevare che a tale documento rinvia anche un documento contenuto sul sito della Corte di Appello di Roma, denominato “Indicazioni e legenda sugli elementi attivi nell’atto principale del PCT” rinvenibile a questo link consultato il 23 ottobre 2024.

[4]  R. Arcella e P. Calorio, “Gli «elementi attivi» vietati nelle regole tecniche del PCT – ricostruzione della normativa di riferimento e indicazioni operative, loc. cit. A proposito dei link ipertetuali a risorse esterne gli autori correttamente hanno rilevato che in questa ipotesi, premesso che essi non alterano il file in cui sono inseriti, i rilevanti problemi che si aprono sono di natura squisitamente giuridico-processuale, dal momento che il Giudice sarà chiamato a valutare l’ammissibilità di “mezzi di prova” la cui avvenuta acquisizione al processo è tutt’altro che pacifica, nella misura in cui la permanenza in rete (e l’identità nel tempo) di tali contenuti non è predicabile, e ciò in ragione del fatto che la gestione della risorsa web è sottratta al soggetto che porta all’attenzione del Giudice il contenuto esposto in rete.

Indice

PAROLE CHIAVE: documento informatico / elementi attivi / forma degli atti / formato dei file / formato digitale / pdf / pdf/a / processo penale telematico / redazione del documento informatico / regole tecniche

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