Abstract
Le vie del digitale sono infinite e anche capaci di tracciare relazioni verticali tra uomo e Dio come sta accadendo negli ultimi anni nella Chiesa di Papa Francesco, sempre più aperta all’uso di strumenti tecnologici e anche sensibile ai temi e alle problematiche che ne discendono. Il lockdown per l’emergenza epidemiologica, da poco alle nostre spalle, è stato un vero battesimo per le vocazioni sacerdotali, anche per quelle più conservatrici, chiamate a fare ingresso ufficialmente nell’età del digitale in quanto, diversamente, non sarebbe stato possibile mantenere il contatto con la comunità dei fedeli proprio quando c’era maggiore bisogno di dare supporto e presenza. E, a riflettere bene, Sacra Tradizione e nuove tecnologie magari a molti appariranno anche in contraddizione per alcuni validi aspetti. Ma resta salvo che la Chiesa da duemila anni attraversa il tempo proprio grazie ai processi di rinnovamento di cui si è resa artefice, accettando di cambiare pur restando fedele a se stessa, così da potersi dire sempre contemporanea alla vita del mondo. Va chiarito però che abbracciare il digitale non significa solo e semplicemente compiere in modalità digitale ciò che si può fare in presenza, ma che il potenziale da far esprimere è notevole ed occorre anche per i ministri e le altre figure di culto essere preparati da un punto di vista tecnico e umano per contribuire nel migliore dei modi a una moderna evangelizzazione.
La chiesa delle origini benedice il digitale
“Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. E disse loro: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini». Ed essi, subito, lasciate le reti, lo seguirono”.[1]
I Vangeli ci insegnano che essere cristiani significa aver fatto l’incontro che cambia la vita: Rispondere a una chiamata liberamente, mettersi in cammino per lasciare le cose vecchie e seguire una strada nuova.
E se il Vangelo rappresenta nella sua definizione l’annuncio della buona novella[2], la vocazione raccontata dal Nuovo Testamento traccia una tensione, un desiderio umano di entrare in relazione, di comunicare sé stesso all’altro per fare comunione.
“Venite e vedrete” è l’invito di Cristo agli uomini. Percorrere la strada della vocazione già duemila anni fa ha significato fare esperienza diretta e, a propria volta, chiamare altri ad unirsi nel cammino.
Dunque, reti lasciate accanto alle barche ormeggiate per costruire altre reti, diverse da quelle da pesca, reti per diventare pescatori di uomini.
Nella chiamata dei primi seguaci si traccia il senso dell’apostolato, religioso o laico, che si propone di annunciare e portare la lieta notizia della strada della salvezza.
Risalta subito che i predicatori dei primi secoli hanno attratto le folle vincendo le più importanti differenze culturali e sociali dell’epoca e restituendo nel tempo un’immagine di Chiesa che, seppur depositaria di tradizioni, è anche volto autentico e linfa di un cammino vivo, dialogico, capace di rinnovarsi continuamente a partire dall’umanità che c’è tra noi.
Tra gli insegnamenti di Benedetto XVI ricordiamo, appunto, che “la fede si trasmette per attrazione” e proprio Papa Ratzinger ha donato riflessioni e grande discernimento sugli eventi che stiamo vivendo oggi, quando ha voluto soffermarsi sull’importanza e sulla dignità dell’annuncio nell’era del digitale che cominciava a diffondersi con l’intensificarsi di una comunicazione sempre più capillare attraverso la rete internet, anticipandone vizi e virtù e senza nascondere la sua paterna preoccupazione per i giovani a cui ha dedicato, in special modo, raccomandazioni sul buon uso dell’arena digitale.
Dal suo messaggio [3] “… Le nuove tecnologie permettono alle persone di incontrarsi oltre i confini dello spazio e delle stesse culture, inaugurando così un intero nuovo mondo di potenziali amicizie. Questa è una grande opportunità, ma comporta anche una maggiore attenzione e una presa di coscienza rispetto ai possibili rischi. Chi è il mio “prossimo” in questo nuovo mondo? Esiste il pericolo di essere meno presenti verso chi incontriamo nella nostra vita quotidiana ordinaria? Esiste il rischio di essere più distratti, perché la nostra attenzione è frammentata e assorta in un mondo “differente” rispetto a quello in cui viviamo? Abbiamo tempo di riflettere criticamente sulle nostre scelte e di alimentare rapporti umani che siano veramente profondi e duraturi? E’ importante ricordare sempre che il contatto virtuale non può e non deve sostituire il contatto umano diretto con le persone a tutti i livelli della nostra vita.
Anche nell’era digitale, ciascuno è posto di fronte alla necessità di essere persona autentica e riflessiva. Del resto, le dinamiche proprie dei social network mostrano che una persona è sempre coinvolta in ciò che comunica. Quando le persone si scambiano informazioni, stanno già condividendo se stesse, la loro visione del mondo, le loro speranze, i loro ideali. Ne consegue che esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro. Comunicare il Vangelo attraverso i nuovi media significa non solo inserire contenuti dichiaratamente religiosi sulle piattaforme dei diversi mezzi, ma anche testimoniare con coerenza, nel proprio profilo digitale e nel modo di comunicare, scelte, preferenze, giudizi che siano profondamente coerenti con il Vangelo, anche quando di esso non si parla in forma esplicita. Del resto, anche nel mondo digitale non vi può essere annuncio di un messaggio senza una coerente testimonianza da parte di chi annuncia. Nei nuovi contesti e con le nuove forme di espressione, il cristiano è ancora una volta chiamato ad offrire una risposta a chiunque domandi ragione della speranza che è in lui...”
Un appello accorato a favore della partecipazione e della testimonianza di una vita autentica a cui seguiva, solo pochi mesi dopo, nel dicembre 2012, la decisione di aprire il primo profilo social nella storia del Pontificato della Santa Romana Chiesa.
Papa Ratzinger consapevole da subito della rivoluzione culturale ormai in corso affida agli adolescenti presenti alla Giornata mondiale della Gioventù del 2013 la missione a portare avanti l’opera di evangelizzazione nel mondo di internet e nel continente del digitale.
Il progresso tecnologico, con una diffusione incalzante di dispositivi digitali in tutte le nostre attività di relazione e nei nostri ambienti, si può dire che ha di fatto trasformato ogni ambito, da quello sociale a quello lavorativo, a quello formativo, informativo e finanche pastorale.
Papa Francesco ha, poi, portato avanti e fatto crescere la presenza della Chiesa nel digitale conquistando milioni e milioni di “fedeli followers” a cui, una volta messi in grado di apprezzare alcune soluzioni, a partire dall’uso della messaggistica telefonica e/o delle piattaforme social per avvisi e iniziative, appuntamenti di preghiera, catechesi, meditazione, è risultata più familiare la compatibilità tra spirito e innovazione.
Ancora più vero durante il lockdown, causato dalla pandemia da COVID-19, quando gli ambienti digitali hanno visibilmente determinato una svolta paradigmatica del senso della relazione e della comunicazione.
Ciò è stato accolto e promosso in modo naturale dai ministri di culto che hanno riscoperto nella dimensione virtuale la via d’uscita alla inevitabile sospensione delle funzioni religiose e di tutte le altre attività parrocchiali a ragione dei provvedimenti di distanziamento. Così le celebrazioni della santa messa, le catechesi e anche i ritiri spirituali da occasioni di grazia vissuti fino a quel momento pienamente in presenza sono diventati un’opportunità concreta per raggiungere i fedeli attraverso internet.
A partire da un credo praticato in tempi precedenti dove si restava solo semplici ascoltatori e spettatori di trasmissioni radio e tv si passa perciò a un credo interattivo dove è possibile intervenire e scambiare commenti risultando presenti in maniera diversa dagli spazi fisici nel fare e diventare assemblea.
Teologia e tecnologia. Entusiasmi e critiche
Visto che l’uomo contemporaneo si esprime e si realizza attraverso un’esistenza digitale, negli ultimi tempi è stato facile scoprire che sempre più ministri si convertono al web per parlare di Dio e anche i più attenti e osservanti fedeli hanno mostrato curiosità e interesse per le app fruibili dal cellulare in aiuto alla preghiera, alla meditazione e per ogni altra pia pratica apprezzando che anche in viaggio o in vacanza qualche software predisposto ad hoc poteva risolvere il problema di individuare la chiesa più vicina e informare in tempo reale sugli orari delle celebrazioni.
La “fede online” è a tutti gli effetti sbocciata aprendosi a reti di comunità considerato che la Chiesa con la sua identità universale gode di una caratteristica unica da far invidia a qualunque altra realtà e a qualunque altro Stato del mondo e grazie all’esperienza del digitale oggi ha la possibilità di rinnovarsi e radicarsi perfettamente come rete glocal, nel rispetto della sua natura reticolare formata da parrocchie e diocesi, potenziando la sua immagine che la rende da due millenni baluardo di “connessioni” per veicolare un messaggio potente da rivolgere all’umanità intera.
Eppure, c’è chi direbbe che la vita interiore ha poca attinenza con l’esposizione attraverso i media che, nella maggioranza dei casi, tende a risultare esempio di esuberanza o, addirittura, di odio.
Grande conquista quella della presenza in rete, ma al anche al caro prezzo di forti turbamenti di coscienza da parte di studiosi, esperti e appassionati della materia che continuano ad interrogarsi su prerogative e inconvenienti di questa nuova dimensione che mette in discussione un intero sistema che si evolve e con esso gli elementi che ne fanno parte.
Possiamo davvero sperare che i semi lanciati dai Pontefici e coltivati da altri illustri rappresentanti della vita del clero possano fecondare e portare frutti buoni?
La cultura cattolica, ricca di antica sapienza e spiccata profondità, conquista tutti con la lode che sale dal Cantico delle Creature di Francesco d’Assisi nella elevazione di tutto il creato alla luce di uno splendore divino reso visibile all’uomo attraverso quanto ha saputo operare nella natura e nei suoi beni.
Fratello sole, sorella luna con il cielo e le chiare stelle non sono altro che parte di quella natura benedetta che è espressione dell’amore divino che vuole rendersi visibile all’uomo e se nel mondo vi è bellezza è perché le cose create sono simbolo della realtà trascendente di Dio che si comunica.
Ma il poverello di Assisi non rinnega in maniera assoluta le cose del mondo, se non nella misura in cui le cose sono prese come fine a sé stesse.
Allora anche l’intelligenza, dono prezioso fatto all’uomo, segue la stessa logica di perseguire il bene al di là che la strada possa essere analogica o digitale, naturale o artificiale.
Una lezione di altissima sensibilità su questi delicatissimi temi ci è stata donata dal Santo Padre Francesco nella sua “Lettera Enciclica Laudato Si’ sulla cura della “casa comune” dove si è occupato di ecologia e tecnologia per riconquistare una nuova consapevolezza del territorio e dei beni per scoprire in essi o, ancor meglio, riscoprire ruoli, risorse e valori dimenticati per un’economia buona, eco-compatibile e più umana perché meglio in armonia con le leggi naturali del creato.
“Lettera all’umanità” del 2015, ancora attualissima e che si rivela profetica e allarmante nel suo monito, a diventare consapevoli e responsabili per prenderci cura dei beni che senza un adeguato controllo potrebbero trasformarsi in rovina per l’uomo come si riporta a seguire da alcuni significativi passaggi:
“…Si tende a credere che «ogni acquisto di potenza sia semplicemente progresso, accrescimento di sicurezza, di utilità, di benessere, di forza vitale, di pienezza di valori», come se la realtà, il bene e la verità sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e dell’economia. Il fatto è che «l’uomo moderno non è stato educato al retto uso della potenza», perché l’immensa crescita tecnologica non è stata accompagnata da uno sviluppo dell’essere umano per quanto riguarda la responsabilità, i valori e la coscienza. Ogni epoca tende a sviluppare una scarsa autocoscienza dei propri limiti. Per tale motivo è possibile che oggi l’umanità non avverta la serietà delle sfide che le si presentano, e «la possibilità dell’uomo di usare male della sua potenza è in continuo aumento» quando «non esistono norme di libertà, ma solo pretese necessità di utilità e di sicurezza». L’essere umano non è pienamente autonomo. La sua libertà si ammala quando si consegna alle forze cieche dell’inconscio, dei bisogni immediati, dell’egoismo, della violenza brutale. In tal senso, è nudo ed esposto di fronte al suo stesso potere che continua a crescere, senza avere gli strumenti per controllarlo. Può disporre di meccanismi superficiali, ma possiamo affermare che gli mancano un’etica adeguatamente solida, una cultura e una spiritualità che realmente gli diano un limite e lo contengano entro un lucido dominio di sé. …”
E allora, alla luce di queste riflessioni, il Nazzareno di oggi come inviterebbe gli uomini del metaverso desiderosi se non addirittura mendicanti di like altrui?
Si servirebbe di qualche intelligenza artificiale di prossimo lancio?
Dio, fedele a sé stesso in ogni tempo, chiamerebbe a sé gli uomini capaci di un cuore puro, quel cuore che nella cultura ebraica delle Sacre Scritture è sede della volontà, delle decisioni e dell’etica.
E ancora, Papa Francesco prosegue nella sua Lettera: “Ciò che sta accadendo ci pone di fronte all’urgenza di procedere in una coraggiosa rivoluzione culturale. La scienza e la tecnologia non sono neutrali, ma possono implicare dall’inizio alla fine di un processo diverse intenzioni e possibilità, e possono configurarsi in vari modi.”
Dunque, teologia e tecnologia non confliggono, come forse potrebbe apparire da un primo e istintivo approccio, considerato che il Vangelo non rappresenta solo una lingua universale per raggiungere gli uomini di ogni luogo e di ogni tempo ma anche la fonte stessa da cui è scaturita la cultura degli uomini e che resta sempre capace di riplasmare quella cultura.
Il digitale tra miracoli e misteri
Sia la Chiesa sia il digitale sono, perciò, capaci di attraversare il tempo e far spaziare dalla realtà metafisica[4] a quella virtuale, ma è importante avere coscienza oltre che conoscenza proprio su come sta cambiando l’umanità in questa società sempre connessa e, in modo particolare, prendersene cura con riferimento alle potenzialità e alle insidie poste dai social o dall’intelligenza artificiale nelle relazioni con il quotidiano.
Solo in questo modo saranno possibili sviluppi positivi e sostenibili del digitale senza sacrificare i valori e i grandi fini alla base delle moderne vocazioni e della professione di fede di questi tempi.
Trattandosi di un campo relativamente nuovo, per il quale mancano talvolta esperienze specifiche ed insegnanti ben preparati, l’intera opera formativa si profila in vari casi ancora difficile, poco sistematica e lacunosa sebbene coinvolga l’intero universo culturale, sociale e spirituale della persona umana.
Questo impone che siano svelati i problemi e non solo i prodigi del digitale oggi che è diventato nella Chiesa il nuovo modo di comunicare.
In molti ricorderanno l’attacco social a Papa Francesco che annunciava al mondo intero la sua conversione all’Islam. Annuncio tradotto in tutte le lingue, senza dimenticare le reazioni da inadeguate a blasfeme da parte degli utenti cybernauti.
Occorre che la preparazione dei futuri sacerdoti in questo campo sia appropriata e risponda sempre meglio a quest’impegno. La Congregazione per l’Educazione Cattolica, che ha recepito la delicatezza dell’argomento, dopo numerose consultazioni con esperti in materia e, in modo particolare, con la Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali, ha predisposto specifici “Orientamenti”, per favorire la formazione dei sacerdoti. Appare essenziale e inderogabile che tutti gli Istituti di formazione sacerdotale affrontino un comune nucleo di questioni fondamentali sull’uso pastorale del digitale fino a tendere a una formazione specialistica per compiti particolari, con una strutturazione anche per livelli gerarchici e territoriali a partire dalle indicazioni generali per lasciare poi ai Vescovi e agli educatori in diretta successione di servirsene secondo le concrete circostanze e necessità locali affinché il digitale resti cosa buona e giusta.
NOTE
[1] La chiamata dei primi discepoli secondo il Vangelo (Matteo, 4, 18-22; Marco, 1, 16-20).
[2] Dal latino Evangelium è “buona notizia” da intendersi come il lieto annuncio di salvezza per tutte le genti.
[3] Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la XLV Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale (Vaticano, 24 gennaio 2011).
Messaggio rinnovato in occasione dell’appuntamento con i giovani alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid (Spagna, Madrid celebrazione internazionale del 18-21 agosto 2011).
[4] Nell’approfondire la nascita della teologia cristiana la metafisica è alla base della spiegazione dei dogmi della Chiesa.
PAROLE CHIAVE: Digitalizzazione / innovazione / professioni / trasformazione digitale
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