• Responsabile Sezione eGov

    Ingegnere, esperto digitalizzazione e privacy presso il Dipartimento della trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Rappresentante degli Elenchi e membro dell’Advisory board, è Referente territoriale per il Triveneto per ANORC Professioni.

Abstract

Questo articolo è il secondo di una collana che vuole essere un veicolo per condividere le riflessioni sui molteplici ambiti dell’evoluzione della gestione documentale a fronte della trasformazione digitale, supportata e guidata sia dai veloci cambiamenti tecnologici, che dalla spinta dei progetti legati agli avvisi del PNRR con particolare riguardo alla misura MC1.1. Il titolo evoca lo scenario all’indomani del 2026, cioè alla fine del PNRR.
Prendendo spunto dal tema di questo numero “Arginare il digitale”, si vuole condividere una riflessione sulle attenzioni da porre verso i cittadini deboli per il loro coinvolgimento nella trasformazione digitale. Nella visione “cittadino e impresa centrica” nel disegno dei servizi digitali delle pubbliche amministrazioni, molto viene fatto lato design dei servizi digitali a partire dal linguaggio utilizzato alla semplicità di fruizione, tenendo conto delle Linee Guida AGID sull’accessibilità degli strumenti informatici. Tuttavia, la popolazione è composta da soggetti deboli la cui cittadinanza, ovvero agire nel contesto sociale, proprio come fruitori speciali di servizi pubblici, deve essere tutelata. È proprio vero che un sistema di deleghe e lo sviluppo di una identità digitale europea sia la soluzione? Qual è la trasparenza dei servizi digitali verso un soggetto debole?

Le riflessioni che seguono intendono concentrarsi sulle conseguenze che si ripercuotono sulle fasce deboli della popolazione, causate della diffusione dei servizi digitali, dunque, sul cosiddetto fenomeno del digital divide. Mi riferisco, in particolare, a quei cittadini che per condizioni fisiche o culturali non riescono ad utilizzare servizi pubblici digitali, quali l’App IO o il sito web del Comune, dell’Azienda Sanitaria o, banalmente, l’app delle Poste o della propria banca.

Il termine “digital divide” ovvero “divario digitale” ha origine nella metà degli anni ’90, a seguito dello sviluppo sempre più dilagante della connettività Internet nel nostro Paese e nel resto del mondo, assume una portata sempre più attuale, di grande rilevanza. Il termine fa riferimento ad un fenomeno che, su piani differenti, considera le diseguaglianze sociali in relazione alla possibilità di fruire dei servizi online. In sostanza mentre all’inizio la componente principale del divario digitale era concentrata sulla disponibilità della connessione ad Internet, ora la visione è più ampia e considera tutti gli aspetti legati alla possibilità e capacità di utilizzo dei servizi digitali.

Il tema della connettività ha visto importanti finanziamenti nell’ambito del PNRR sia per i destinatari domestici, con il piano di copertura in fibra delle aree bianche[1], sia per le aziende, con la copertura 5G nazionale.

Grande sensibilità e attenzione sul tema dell’usabilità dei servizi è stata dimostrata sia dal Dipartimento della Trasformazione Digitale, con l’iniziativa di Designers Italia, sia da parte di AgID con le Linee Guida sull’ Accessibilità e le relative attestazioni.
Il documento programmatico, un po’ datato, ma attuale nei contenuti, E-learning verso l’inclusione sociale” redatto dalla Commissione Europea, evidenzia quali sono i punti di attenzione“ per riflettere e sensibilizzare l’avvio di “un’inclusione sociale sull’e-learning all’interno dell’UE”, dividendoli in sei aree chiave:

  • soluzioni sociali per problemi sociali, combattere il digital divide analizzando le cause sociali di esclusione;
  • comunità e consapevolezza: le comunità di gruppi svantaggiati devono essere incentivate a utilizzare Internet per avere visibilità e occasione di comunicazione e interazione;
  • verso un PC trasparente: si devono semplificare le tecnologie per renderle intuitive, anche utilizzando interfacce più amichevoli;
  • metodologia di risoluzione dei problemi: i contenuti strutturali mirati all’acquisizione di conoscenze devono convertirsi in percorsi volti all’acquisizione di competenze trasversali e di problem solving;
  • internet per tutti: occorre promuovere l’accessibilità dei siti web e dei contenuti digitali in generale.

È poi il caso di menzionare l’iniziativa strategica di Repubblica Digitale, coordinata dal Dipartimento della Trasformazione Digitale, ha poi inteso ridurre il divario digitale promuovendo proprio l’educazione sulle tecnologie del futuro, supportando il processo di sviluppo del Paese. A completare la lettura della situazione attuale nell’utilizzo dei servizi digitali da parte dei soggetti deboli, vale la pena ricordare come anziani e minori siano i più esposti al tema della cybersecurity, in quanto facilmente manipolabili con comunicazioni false e non adeguate.

La digitalizzazione può essere un ostacolo?

Partiamo da un esempio reale, preso dal sito di un Comune italiano[2] :

La richiesta può essere fatta attraverso il servizio on line disponibile sul sito del Comune oppure presso gli uffici comunali, prendendo appuntamento sempre attraverso il sito web del Comune. Il beneficio può essere richiesto direttamente o attraverso delega. È necessario scegliere la tipologia di spesa per cui si richiedere il bonus e indicare la propria fascia di reddito ISEE, allegando la relativa attestazione.”

La digitalizzazione e automazione delle procedure può essere fonte di diniego di servizi per le fasce deboli?  In questo caso, l’appuntamento deve essere preso dal sito web, quindi se l’utente non riesce ad accedervi, non può portare a termine la procedura. L’unica alternativa concessa è di recarsi direttamente in Comune. Qualora l’utenza fosse riferita ad un cittadino anziano o disabile, entrambe le opportunità offerte potrebbero rivelarsi non facilmente praticabili.

Dalla descrizione del servizio c’è una unica possibilità attuabile: la delega. La necessità di affrontare l’accesso ai servizi digitali da parte delle fasce deboli, porta a valutare l’introduzione di un caregiver digitale ed a introdurre il tema delle deleghe nell’uso delle identità digitali.

Il meccanismo della delega per la fruizione dei servizi digitali

L’attuazione del Decreto Semplificazioni del 2021, andando a modificare l’art. 64 ter del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) ha introdotto il Sistema di Gestione Deleghe. Per ora le realizzazioni pratiche hanno visto l’introduzione della delega SPID in modo parziale solo presso i servizi online di alcune grandi amministrazioni pubbliche come, ad esempio, INPS e Agenzia delle Entrate.

Tuttavia, l’attuale realizzazione della delega nei servizi digitali risulta ancora lacunosa e, appunto, limitata solo ai servizi delle amministrazioni centrali, mentre ad esempio, in ambito di fascicolo sanitario elettronico la delega resta gestita in modo regionale come, ad esempio, in Emilia-Romagna o Lombardia

È auspicabile, così com’è stato dichiarato più volte, che negli sviluppi normativi e tecnologici di recepimento del Regolamento Europeo eIDAS 2, in particolare con l’adozione del IT Wallet, il sistema di deleghe di identità digitali, trovi pieno compimento rendendo i servizi che prevedono autenticazione con identità digitali pienamente fruibili attraverso una delega digitale (in realtà potrebbe essere l’uso di attributi qualificati ad aprire la strada ad una ampia e flessibile gestione delle deleghe nei diversi servizi digitali?).

Come presentato nel talk del ForumPA 2024 sull’IT Wallet da parte del Poligrafico dello Stato il sistema di identità e quindi di eventuale delega deve essere sicuro e certo nella sua attribuzione e identificazione dei soggetti delegante e delegato.

Entrando nell’ambito proprio dei caregiver, quello sanitario, un recente studio condotto da Humanitas[3] ha tracciato un identikit della figura del caregiver digitale, utile a definirne fabbisogni e modalità di interazione rispettivamente con pazienti e strutture sanitarie. In particolare, nell’ambito del percorso clinico, il caregiver, al pari del paziente e del team di cura (medici, infermieri, etc.), partecipa al percorso terapeutico.

Condivide e scambia informazioni sugli eventi clinici, effettua prenotazioni e coordina spostamenti, somministra farmaci e terapie. In questo contesto, è evidente con quanta frequenza i caregiver si possano trovare ad utilizzare strumenti digitali a supporto dei loro assistiti. Ad esempio, per accedere al fascicolo sanitario elettronico del paziente, per effettuare prenotazioni di prestazioni cliniche, per ricevere e usare ricette digitali, per usufruire di servizi di telemedicina, dalla tele-visita al tele-monitoraggio, per usare app che si accompagnano a determinate terapie, per facilitare la socialità e il supporto emotivo della persona fragile.

Al contempo, avranno interazioni con i servizi sociali del Comune grazie al supporto degli istituti di assistenza per gli anziani.

E la gestione documentale dei procedimenti e attività con delega?

Nell’ipotesi (certa) che nel 2027 avremo servizi digitali pienamente fruibili con deleghe e con un ruolo del caregiver digitale consolidato, a livello di gestione documentale quali sono le ripercussioni? Come devono evolvere le soluzioni di gestione documentale e protocollo informatico?

Se prendiamo in considerazione la consuetudine amministrativa di associare il mittente di una istanza al soggetto del fascicolo in fase di gestione, appare subito evidente che i metadati previsti nelle Linee Guida AgID su formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici siano carenti rispetto al concetto di delega o comunque debbano essere interpretati per descrivere una istanza presentata online per conto di un terzo. Un esempio è la descrizione nei metadati nel caso di protocollo in uscita o di notifica digitale, il cui destinatario diverge dal delegato. Insomma, i concetti classici di mittente e destinatario iniziano a vacillare e richiedere interpretazioni.

Non è una riflessione da poco, perché sbagliare o non gestire correttamente la metadatazione pregiudica la possibilità di raccogliere nelle ricerche trasversali tutti i documenti che si riferiscono ad un soggetto, ad esempio il dossier di un paziente.

Se si vuole estremizzare la riflessione sulla portata di questi passaggi, si pensi alla gestione documentale del procedimento amministrativo per una richiesta di accesso agli atti, oppure per una segnalazione al Garante, effettuata per mezzo della delega digitale per conto e in nome di un soggetto debole. Chi è il soggetto interessato?

Una possibile soluzione, che mi appare convincente, è quella di lasciare la gestione dei metadati inalterata e lavorare sugli aspetti di contesto, nell’arricchimento delle informazioni legate alla aggregazione documentale e ai documenti informatici.

Richiamando i concetti dello standard “record in context in grado di supportarci nella definizione di un vocabolario di attributi riferiti al soggetto e al suo delegato, si permetterebbe tramite, ad esempio, ricerche trasversali all’organizzazione dell’archivio, di recuperare il meta fascicolo riferito al soggetto, indipendentemente dai diversi contesti amministrativi e di delega in cui sono avvenuti i fatti giuridici rilevanti.


NOTE

[1] Si intendono le aree a bassa densità di popolazione in cui gli operatori di mercato non ritengono economico investire nella offerta dei loro servizi.

[2] Si preferisce optare per l’anonimato (ndr)

[3] Benessere digitale: scarica i materiali del talk in Humanitas Medical Care – De Angeli! – Humanitas Medical Care [ultima consultazione: maggio 2024]

 

PAROLE CHIAVE: accessibilità / AGID / caregiver digitale / delega / digital divide / PNRR / servizi digitali

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